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Neutrali's Karma

di Andrea Ardito22/04/24
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Tempo di lettura 4 minuti

I due si osservarono a lungo. Dai loro occhi sembrava emergere lo stesso sguardo e, reciprocamente, ciascuno vedeva nelle iridi di fronte a sé null’altro che il proprio riflesso.

Completamente bianco uno, totalmente grigio l’altro. Rassomiglianti, quindi, ma non identici.

No, tutt’altro che identici.

Un’ampia platea silenziosa, muta, guardava la scena. Il loro guardare non era esterno però. Senza parlare, senza ascoltare nulla, il gruppo di silenti scivolava da una parte o dall’altra. A poco a poco, in modo graduale ma costante, alcuni di loro iniziarono a divenire un insieme di individui bianchi, simili eppure unici; altri, invece, si tramutarono in una massa grigia, uniforme e indistinguibile.

Due gruppi rassomiglianti quindi, ma non identici.

No, tutt’altro che identici.

La scelta di essere neutrali

L’articolo si è aperto con un altro sogno, strano come talvolta mi accade di sognarne. Ma ci ho riflettuto un po’ su, psicologo di me stesso, e credo di aver trovato il modo per interpretarlo. L’onirica chiave di lettura, in questo caso, è una parolina – curioso a dirsi – potenzialmente divisiva. Neutralità.

Comincio con il dire questo: ritengo, anche se potrà sembrare uno strano controsenso, che la neutralità non sia affatto neutrale. Innanzitutto perché non solo si sceglie di restare tali, ma si sceglie anche come esserlo. Già, perché c’è modo e modo di essere neutrali. Tornando al sogno che ho raccontato prima potremmo dire che c’è il modo dell’essere bianco, e quello dell’essere grigio. E, sempre come in quella vaga visione, molti di quell’enorme platea che è il mondo finiscono per divenire altrettanto bianchi o altrettanto grigi.

La neutralità indifferente

“Lavarsene le mani” sarà senz’altro un’espressione nota ai più e rende esattamente l’idea. Scegliere di non scegliere, lavare via dalle proprie dita qualsiasi traccia di decisione. Sì, la neutralità può essere questo, ed è molto pericoloso. Al di là del capostipite di questa espressione, l’evangelico Ponzio Pilato – uno dei primi “omini grigi” della storia – bisogna ammettere che la tentazione di seguire il suo esempio è allettante. Oltre che diffusa, oserei dire. Il non mi riguarda è qualcosa in cui può capitare di imbatterci quotidianamente, fuori e dentro di noi, e personalmente finisco per scontrarmi con esso pressoché ogni mattina. Il rischio di considerare insignificante una qualsiasi situazione che non mi tocchi direttamente è una trappola in cui è facile cadere; una trappola che porta con sé diverse controindicazioni. Da qualcosa di forse più astratto ma non meno grave come l’inaridimento dell’empatia - ormai già di per sé sempre più rara – sino ad una concreta ignoranza di ciò che ci circonda e che accade nel mondo. Dante scriveva che di ignavi senza nome è pieno l’Antinferno, il luogo in cui colloca chi nella vita non si è mai schierato né con il bene né con il male, coloro che visser sanza ’nfamia e sanza lodo. Non risparmia nemmeno gli angeli, per altro, e sottolinea come Caccianli i ciel per non esser men belli, / né lo profondo inferno li riceve, / ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli. Occorre dunque fare attenzione, poiché contiene abbastanza vespe per pungerci tutti, se non sapremo essere abbastanza decisi da farci pizzicare, invece, da qualche stimolo personale per inseguire qualcosa di più concreto, personale e significativo di un’inutile banderuola. Ma non ragioniam di lor e passiamo oltre.

La neutralità imparziale

L’altra via appare dunque spianata, limpida: schierarsi, schierarsi a tutti i costi, in ogni occasione e in ogni contesto, per non rischiare. Ma occhio, perché nemmeno questa può essere sempre la strada giusta. Non dimentichiamo allora che esiste anche la neutralità come imparzialità. Incontro anche lei ogni mattina, in effetti; la vedo richiesta negli occhi dei miei studenti e la sento costantemente ricercata dal me professore che, allo stesso tempo, prova a spiegarla a chi, magari per ragioni di amicizia, di religione o di cultura, tende ad avere il “giudizio facile”. Non che ne faccia loro una colpa, è più che comprensibile, ma ritengo che quello di mettersi nei panni degli altri e di provare a guardare il mondo con gli occhi altrui sia un esercizio per nulla inutile. Come comunicarlo però? Ci provo, personalmente, in tante piccole cose; dallo sforzarmi di mantenere sempre l’imparzialità – quella cercata dal me professore – a lezioni in cui proviamo a guardare i testi dal punto di vista di chi li ha scritti. Forse tutti, però, potremmo esercitarci a fuggire dal nostro costante etnocentrismo che ha nel nostro personalissimo hic et nunc il metro di paragone per giudicare – solitamente in modo negativo – il resto del mondo. Per non parlare di quando il mancato rispetto dell’imparzialità coincide con vittime innocenti. Serve davvero ricordare gli oltre duecento operatori umanitari uccisi compresi volontari di Medici Senza Frontiere (fonte “Il sole 24 ore”) a Gaza dal 7 di Ottobre, fra cui i sette membri della WCK colpiti a inizio aprile?

E quindi?

Prendere posizione. Non schierarsi a spada tratta. Sempre di neutralità si sta parlando; dove sta dunque la differenza? Risiede, non ho dubbi su quanto scrivo, nel diverso tipo di insieme che costituiscono indifferenti e imparziali: perché fra una massa pregna, densa e appiccicosa di omologazione ed egoismo e un gruppo saturo, straripante ed esplosivo di socialità e collaborazione, c’è la medesima difformità che separa un burattino cieco, sordo e insignificante da chi possiamo definire davvero, a tutti gli effetti, essere umano.

Scritto da

Andrea Ardito

Certamente insegnante, e con passione.
Poi molte altre cose... potenzialmente tutte, perché forse sognare è quella che mi riesce meglio.

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