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Una Cucina che avvicina

di Francesco Di Donna06/03/23
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Tempo di lettura 5 minuti

Una vita è caratterizzata da grandi e piccole migrazioni.
Temporanee o definitive, dettate da scelte autonome o da necessità, per seguire il cuore o un sogno.
Si nasce in uno spazio troppo vasto e vario per restare sempre nello stesso posto.
Tante opportunità, oltre la porta, che attendono solo di essere colte.
Come quelle che portano giovanissimi studenti nelle grandi città universitarie.
È così che si sono conosciuti Caterina, Grazia, Daniele, Samir e Petra, in quel di Milano.
Polo universitario per eccellenza, centro frenetico di lavoro, metropoli culturale.
Caterina è una milanese doc, studia all’Accademia di Belle Arti di Brera e ha lunghi capelli castani, gli occhi neri, profondi come la notte, la carnagione bianca ed è curiosa e chiacchierona. Parla, parla, parla.
Coltiva mille passioni, come la musica e i viaggi, e ama il vintage. Il giradischi e la collezione di vinili, gentilmente rubati ai genitori, esposti in bella mostra sul ripiano centrale della libreria ne sono la prova.
Grazia è una ragazza composta, ordinata, con una folta chioma riccia nera nera e gli occhi verdi, come i colori dello Ionio all’alba, da cui proviene. Lei è cresciuta nel Salento ed è lì che vuole tornare, un giorno, come professoressa di italiano. Per questo studia Lettere e Filosofia alla Statale.
Parla meno di Caterina e si perde in ore di lettura appassionata, nel suo letto.
Daniele è un ventenne partenopeo. Arriva dal cuore di Napoli, dove ha lasciato gli studi per un’arte che motiva le sue giornate, più di ogni altra cosa: il sax. Suona in una jazz band formatasi per gioco durante una vacanza, con degli amici che abitano nella provincia di Milano ed è per questo che si è trasferito su. Hanno gli agganci giusti e cominciano a muovere i primi passi nei locali all’ombra del Duomo. In casa non può suonare, e per questo non c’è quasi mai, durante il giorno. Per la fortuna del suo compagno di stanza.
Samir ha origini tunisine, ed è arrivato in Italia all’età di 8 anni, con i suoi genitori e la sorella piccola, Ines.
Samir ha gli stessi lineamenti marcati del padre e gli occhi nocciola della madre, studia Giurisprudenza e tra dieci anni si vede avvocato in carriera. Ha l’ambizione giusta, un proficuo metodo di studio e un’ottima memoria.
Quella che ogni sera gli porta alla mente aneddoti dell’infanzia passata a Monastir.
Petra è slovena, come la madre, ma ha un forte accento bosniaco, ereditato dal padre, per chi ne capisce di accenti balcanici. Studia Lingue e ne parla già tre. Segue una decina di serie TV, tutte chiaramente in lingua originale.
Riflessiva e silenziosa, ha la stanza singola, vicino la cucina. Ed è bionda, come la madre.
Sono cinque interpreti del mondo, che condividono la casa.
Hanno interessi diversi, apprendono materie il cui studio è difficilmente conciliabile, hanno ritmi discordi.
Le necessità comunicative di Caterina non trovano sponda nei silenzi di Petra, ma Grazia media in modo efficace.
Daniele e Samir hanno sempre la battuta pronta – a strappare le risate delle compagne – in una competizione costante, e sono due tifosi appassionati, per cui spesso si perdono in confronti tecnici sul Campionato di calcio.
Le loro giornate sono scandite da molti impegni e i doveri della vita insieme sono stati decisi a tavolino, da un intelligente accordo tra le parti. E qualche regola di fondo. Come la cena del giovedì.
Non si studia, non si legge, non si esce.
“Si cucina tutti insieme e ognuno prepara qualcosa, facciamo così!” sentenzia Caterina.
Tutti i giovedì quella cucina diventa motore di convivenza.
Avvicina sensibilmente persone slegate e le rende funzionali ad unico scopo comune.
Giovedì sera ci si conosce un po’ di più, in quella cucina.
Che non a caso è la stanza più grande della casa, con un bel tavolo proprio nel centro.
“Stasera vi rimetto al mondo con il mio piatto forte: gli spaghetti allo scoglio”: Daniele esagera sempre nelle sue esternazioni, ma in questa occasione ha dalla sua la ricetta perfetta.
Il giovedì Daniele finisce di suonare rigorosamente alle 18.00, contro le 20.00 degli altri giorni, passa a comprare le sue materie prime in una pescheria (anche a Milano sono sempre ben fornite, le pescherie), poi corre a casa e comincia l’opera. Samir finisce la lezione di Diritto Commerciale alle 18.30, ma ha già tutto quello che gli serve per preparare il cous cous alle verdure: la spesa che ha fatto con Grazia qualche giorno prima è stata lungimirante.
Arriva a casa, posa lo zaino, una doccia veloce e inizia a occupare lo spazio vuoto della cucina.
“Domenica sera suonate jazz in qualche locale?”
“No, stiamo preparando il live di settimana prossima, perché non venite a sentire?”
“Il jazz mi annoia un po’, ma verrò. Dopo chiediamo alle ragazze. Questa domenica sera, invece, potremmo guardarci la partita al pub!”
“D’accordo!”
Petra è la terza ad arrivare. Ha le idee chiare per la cena, le sue specialità sono le insalate. Le condisce in modi diversi e ci mette di tutto: semi di zucca, semi di girasole, piccole scaglie di mele oppure di grana, e nella sua preferita ci mette la feta greca, pomodori, olive, fagioli e funghi.
E accoglie con entusiasmo la proposta musicale dei ragazzi.
Il pendolo nella stanza di Caterina, tra i poster dei suoi artisti preferiti, batte otto rintocchi. Sono le 20.00.
Suona il campanello. È Grazia. Non trova mai le chiavi, in quella borsa.
Ha finito da un’ora di dare ripetizioni di greco e latino a due liceali che abitano dall’altra parte della città.
“Scusate il ritardo, ho perso la metro” dice a voce bassa, dietro un sorriso sincero.
Ma lei è composta, ordinata, organizzata. “Stamattina vi ho preparato il dolce.” esclama con soddisfazione.
“Che faccio, butto la pasta? Qui bolle!” chiede agitato Daniele;
“Sì, Caterina sta arrivando.” risponde Petra leggendo un messaggio sulla chat;
“Aspetta ancora due minuti..” – ammonisce Samir – “Lo sappiamo, è sempre in ritardo!” e scoppiano a ridere.
C’è un clima disteso, il giovedì sera, in cucina.
Il mondo fuori, loro dentro.
“La pasta è pronta!” Daniele è soddisfatto e impaziente di sentire i commenti dei commensali.
“Ma dove sarà Caterina?” si chiede Grazia.
“Eccola!” afferma Petra, sentendo le chiavi nella serratura.
“Eccomi, non sono riuscita a svincolarmi prima. Ho lavorato con i colleghi al progetto fotografico per la mostra del 15. Ma ho preso qualcosa per voi.” enfatizza, tirando fuori da un sacchetto delle birre, un cartoccio di fritture, dei panzerotti, qualche trancio di pizza e due buste di taralli.
“Li hai fatti tu?” scherza Samir.
“Dai sediamoci che è pronto!”.
La tavola è imbandita. Non c’è posto per tutto.
“Com’è? Vi piace?”
“Complimenti Chef!”
“Sicuramente meglio della pasta scotta di ieri sera o la pizza fredda del giorno prima.”
“Ma quanto sale hai messo?”
“Buoni questi taralli!”
“L’insalata si dovrebbe mangiare a inizio pasto, lo sapete?”
“Questa vale un pasto intero.”
“Mi passi la birra? Grazie.”
“Il cous cous con le verdure è davvero buono!”
“Tutto troppo buono. Dovrebbe essere sempre giovedì!”
“Tenete posto per il dolce, eh?!”
“Settimana prossima andiamo a sentire Jazz?”
E così passa la serata, tra molteplici connessioni che coltivano un legame, eterno o forse no.
Forse tra un anno saranno scagliati in giro per il mondo, con sogni infranti o realizzati, o magari per adattarsi alle nuove circostanze della vita. Ma ora l’appartamento al quarto piano del condominio di Via Cechov 8 è la loro casa.
E in quella cucina impastano parte dei loro destini.
La cena del giovedì li tiene uniti e responsabili del momento conviviale.
Non sono abili cuochi, ma si impegnano e sperimentano.
“Dovrebbe essere sempre giovedì!”.
La loro fortuna? Non avere intolleranze. Di nessun tipo.

Illustrazione di Anna Rosa

Scritto da

Francesco Di Donna

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