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Festa del Perdono a teatro - Chiacchierata con Martina Iacomelli

di Antonio Roma14/11/23
Categoria: Tag:none
Tempo di lettura 5 minuti

“Il teatro è poesia che esce da un libro per farsi umana” diceva Federico Garcia Lorca ed è proprio questo che Martina Iacomelli ed io, aiutati dalla regia di Alice Ponti e dal fonico e tecnico luci Filippo Borgia, cercheremo di fare il 12 aprile al Teatro S. Pellico di Trecate.

Abbiamo deciso di dare voce alle donne del mio romanzo, vere protagoniste di “Festa del Perdono”, e di farlo attraverso quella forma d’arte che è capace di rendere umano e tangibile l’inchiostro impresso sulla pagina di un libro: il teatro.

Festa del Perdono sarà presentato a teatro il 12 aprile, la strada che ci separa da quel giorno è ancora lunga, ma intanto vorrei compiere un primo passo presentandovi il volto femminile che salirà sul palco insieme a me: Martina Iacomelli, straordinaria attrice che mi ha da subito colpito per la sua Umanità ed Empatia.

1. Chi sei?

Mi chiamo Martina Iacomelli, sono toscana, vengo da un piccolo paese di mare in provincia di Pisa, la mia Marina di Pisa, il luogo del mio respiro profondo e della mia pace interiore, dove ritrovo la mia essenza. Ma anche quel luogo che ho voluto e dovuto lasciare, oramai poco più di tre anni fa, per trasferirmi a Roma, con l’obbiettivo di dare finalmente spazio alla mia Vocazione, al mio più grande sogno: fare l’attrice e avere l’opportunità di riuscire a farla per davvero, potendo sopravvivere grazie a questo.

A Pisa, per quattro anni, ho frequentato la facoltà di Giurisprudenza, ma per tutti quegli anni ho sempre saputo di non essere al mio posto, c’era qualcosa dentro di me che guardava lontano, ma che non riusciva a mollare la presa della corda che mi teneva legata alle mie radici, fino a che, un bel giorno, dopo mesi e mesi di lavoro interiore, sofferenza, ho vinto, ho mollato, come dice il mio caro Niccolò Fabi “Vince chi molla”: ho lasciato andare tutto, mi sono affidata al mio Sè più profondo e così ho vinto.

A metà del quarto anno di Università, decisi che se avessi scelto di cambiare la mia vita in maniera così drastica, sarei dovuta entrare in una delle Scuole di Cinema più prestigiose d’Italia e d’Europa: il Centro Sperimentale di Cinematografia. E così fu, quell’anno, allora congelai la carriera universitaria e partii per Roma.

La mia vita cambiò drasticamente, appunto, il mondo mi sembrò ancora più bello e dentro di me esplodevo di Vita e di energia.
Adesso che ho concluso i miei anni di studio, sento che la mia carriera è appena cominciata: nonostante le opportunità lavorative che ho già avuto la fortuna di avere; quell’energia, quella voglia di crescere e di migliorare, di guardare lontano, è presente più che mai e mi sento in continuo mutamento, in continua evoluzione.

La mia ambizione è grande e anche la mia speranza. Voglio fare l’attrice per tutta la Vita e vivere di questo, e non importa se farla per vivere dignitosamente richiederà del tempo, io so di aver vinto comunque perché essere un’attrice è la mia essenza e non si può rinunciare alla propria essenza. Riportando un’altra citazione, Sandòr Màrai dice che: “nella vita succede tutte quello che deve succedere e, alla fine, ogni cosa trova il proprio posto”.

2. Cos’è per te l’identità?

Identità come dono sociale. Identità come confronto con l’altro.
Nella recitazione, la bellezza sta proprio nell’avere la possibilità di confrontarsi anche con i vari personaggi.

La recitazione è vita, la recitazione è evoluzione automatica e necessaria perché ti costringe ad una ricerca costante e ti induce inevitabilmente a porti delle domande e a scoprire il mondo. L’approccio a un personaggio ti costringe a conoscerti, a capire quali sono i tuoi valori.

Nella recitazione io mi riconosco, la recitazione è vita e me la salva costantemente perché nonostante la diversità dei personaggi e delle circostanze, nonostante la diversità delle storie; mi ricorda chi sono, da dove vengo, perché esisto e dove voglio arrivare.
I personaggi mi salvano perché mi ricordano chi sono ma mi aiutano anche a crescere potendo riscoprire in loro qualcosa che avevo avevo dimenticato o qualcosa che è giusto si manifesti in me per la mia crescita.

La recitazione, l’Arte, le storie sono il luogo del confronto e della crescita personale.

Al giorno d’oggi esiste sicuramente anche una forte dicotomia tra quella che è l’identità personale/ fisica e l’identità digitale. Abbiamo più identità; la digitalizzazione ha portato sicuramente a una crisi della nostra identità, ma soprattutto, se l’identità è un dono sociale, ovvero, che deriva da un riconoscimento sociale, il social, Instagram, Tiktok e tutte le piattaforme digitali hanno sostituito l’umanità e la verità e hanno portato a una crisi collettiva dell’identità di ogni individuo, non sappiamo più chi siamo veramente e, quando sentiamo di profili hackerati o se io stessa dovessi pensare di perdere il mio profilo Instagram mi sentire privata di una parte di me, di una parte della mia identità.

Ma è un’identità vera? Forse sì, ma sicuramente i social ti tolgono la libertà, la libertà di cambiare e di sviluppare nuove sfumature. Ciò che fai vedere, dovrà permanere.
Quindi, non solo i social ci tolgono la libertà di essere e probabilmente di mostrare più sfumature e sfaccettature, ma ti obbligano quasi a non evolvere, a continuare a mostrare una parte di te perché è quella che ha riscontrato più successo.
L’identità è il riconoscimento degli altri.

Quindi, se un post ha scaturito tanti like, la persona tenderà a pubblicare contenuti di quel genere per riscuotere altra approvazione e allora finirà per identificarsi con quel personaggio, con quel tipo di contenuto, senza la possibilità di cambiare o evolversi, di mostrare altro, per la paura di non essere apprezzato o riconosciuto e per la paura quindi di uno sgretolamento della proprietà identità.

3. Perché hai scelto di fare l’attrice?

Perchè la recitazione ti insegna la vita. Ti avvicina alle persone e all’umanità.
È una disciplina, un’arte completa, che mi completa e che mi fa sentire a posto con me stessa perchè mi sento completa nella mia essenza.

Nella recitazione più vera ed autentica, non mi sento giudicata, ma compresa, amata e ascoltata. Credo che sia, o almeno lo è per me, una delle più grandi forme d’amore esistenti: fare l’attrice mi dà libertà di essere veramente me stessa pur essendo qualcun altro, pur parlando con parole scritte da qualcun altro. Nella recitazione, come nell’amore vero, mi sento libera di essere me stessa e di lasciarmi andare all’istinto e alle emozioni più pure e viscerali dell’uomo, senza giudizio o paura, e tutto questo senza nessuna aspettativa concreta, ma per una necessità dell’anima, del corpo e della mente; esattamente come accade per l’amore. Ho scelto di fare l’attrice per essere libera di Amare.

4. Un ruolo che ti piacerebbe interpretare?

Ce ne sono tanti: quelli ai quali mi sento più vicina sono i ruoli d’epoca, in stile “The Crown” o “Out Lander”, ma mi piacerebbe molto interpretare il ruolo di una donna militare o di una malata psichiatrica.


Scritto da

Antonio Roma

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