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Qualche goccia di pioggia

di Mario Roma16/11/23
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Tempo di lettura 2 minuti

Non ho nulla da dire. Niente. Davvero. Sono settimane che mi tengo dentro le cose sperando che possano trovare una loro collocazione su un foglio di carta, sulle note del telefono, sul pentagramma, ma puntualmente ogni volta che decido che è arrivato il momento di trasformare questa nuvola densa e variegata che mi affolla la mente, in parole, ciò che ottengo è soltanto un incremento della nuvola in questione. Cade qualche goccia di pioggia, inumidisce la terra, ma niente di più. Non c’è odore di erba bagnata, non ci sono piante rigogliose, niente di niente: solo un incredibile e silenzioso frastuono.

Ho pensato che forse è giusto così, che devo semplicemente accettare il momento, l’idea che la mia, nostra fragilità non deve per forza trasformarsi in qualcos’altro, ma può rimanere se stessa, essere identica a ciò che è, immutabile.

Accettare dunque le mille buche di quella strada incredibile che è la vita che viviamo, senza per forza caricare il secchiello di cemento e versarcelo sopra. Per alcuni di voi potrà sembrare un atteggiamento remissivo, in controtendenza con la logica del miglioramento costante, dell’imparare dai propri errori, dell’improve yourself, del prendere in mano ciò che non va e cambiarlo, del “non perdo mai, o vinco o imparo”. Non è mia intenzione contraddire Mandela (a patto che wikiquote abbia ragione e questa sia davvero una sua frase), ma mi sto rendendo conto, sempre di più, che perdo, esco sconfitto e non imparo mai un cazzo. Anzi ci rimango solo male, ne esco dispiaciuto, dolorante, acciaccato. Sì, perché ho dei rimorsi e dei rimpianti e la consapevolezza che mi aiuteranno nell’affrontare le situazioni future, non mi serve a niente.

E allora ho capito che in questo mio preciso momento, devo cambiare gioco, non c’è vittoria (non con la v minuscola perlomeno), non c’è sconfitta, niente classifiche, punteggi, miglioramenti e percentuali. Ci sono io che ci provo e delle volte mi viene male, altre malissimo, alcune volte meglio. Sono un continuo tentativo, un romantica metafora. E credo in questo valore universale, in questo senso condiviso. Sì perché siamo dei cocci, pezzi di vaso che ricercano un modo per stare uniti: l’amore.

 

Scritto da

Mario Roma

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