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Viaggio della mente

di Mario Roma21/06/23
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Tempo di lettura 2 minuti

Il viaggio mi ha sempre lasciato interdetto. Forse l’idea del viaggio, più del viaggio di per sé. Ho sempre trovato piacere nello scoprire la rotta, prima ancora di percorrerla, anzi oserei dire che percorrerla in certi casi è diventato per me anche superfluo. C’è questo mio strano lato del carattere per cui in qualche modo l’idea di vivere un viaggio ha un impatto significativamente maggiore sulla mia sensibilità, rispetto al viaggiare stesso. Il viaggio mentale è vero quanto quello reale.

Il motivo di tale bizzarria è presto detto: la realtà è meno bella dell’immaginazione. Il cinema ad esempio, riesce nell’intento di sovrascrivere il quotidiano, di sanare la frattura della vita di tutti i giorni, di porsi come dimensione altra, malleata e diretta, non nel senso di immediata chiaramente, quanto più nell’idea che ci sia un regista a dirigerla, qualcuno che garantisca e predisponga un teatro entro il quale vivere, che strappi e annulli quindi il velo di meccanicismo e materialismo, per i quali tutto semplicemente accadrebbe senza motivo. Per questo non amo particolarmente le forme d’arte che si rifanno in maniera pedissequa alla realtà, non ne comprendo le trame: ad essere reale ci pensa già la realtà.

Tornando a noi però, credo fermamente che pianificare un viaggio, sognarlo, porlo su di un livello differente da quello abituale equivalga a viverlo fino in fondo, in maniera piena e questo perché solo eliminandone le noie - inevitabili qualora lo  realizzassimo - possiamo viverlo in profondità.

Immergersi con la mente e l’anima in un caffè parigino, scaldati dal tiepido sole invernale, che illumina le pagine de Il giovane Holden è un’esperienza decisamente più gratificante, che fare dieci minuti di coda davanti a un bar, per farsi ciulare 15 euro per un pain au chocolate, con le vesciche ai piedi e il naso che cola per il freddo.

Mi sono dunque reso conto che ciò che di più bello mi porto dietro dai viaggi che mi capita di fare, è il riflesso delle emozioni provate sulle altre persone con cui condivido la strada, i sentimenti degli altri che si rifrangono su di me e viceversa; vivere il viaggio attraverso le persone con cui scelgo di condividerlo è ciò che rende la mia esperienza realmente appagante.

Se dovete viaggiare da soli, magari alla scoperta di voi stessi, ecco allora che immaginare il viaggio probabilmente vi basterà, o quantomeno, compierlo realmente non sarà un turning point così decisivo. Saranno le persone incontrate lungo la via a renderci felici, saranno le alterità con cui entreremo in contatto o con le quali sceglieremo di viaggiare.
Questo perché siamo animali sociali e “la felicità è reale solo se condivisa”.

Scritto da

Mario Roma

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