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Quattro tabù persistenti in psicologia

di Giancarlo Stefanino19/06/23
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Tempo di lettura 4 minuti

 

Secondo una ricerca completa condotta nel 2020 dalla Società Italiana di Psichiatria, in Italia erano ben 17 milioni le persone con problemi di psichici, ma solo una percentuale che va dall’8 al 16% decide poi di incontrare un professionista. Secondo un sondaggio, sempre proposto dall'associazione, il 70% degli italiani considera inutile andare dallo psicologo. E ancora, più recentemente, il presidente David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi, ha dichiarato: “Al netto del 4,5% di popolazione che ha disturbi mentali veri e propri, nel complesso un 30% degli adulti da noi presenta una situazione di malessere, disagio, fatica o dolore psicologico riconducibile a “distress”, cioè a una condizione di stress abbastanza accentuata”; va detto che queste situazione problematiche sono poi inevitabilmente peggiorate ed aumentate con l’avvento del Covid.  

A fronte di questi dati, la figura dello psicologo e più in generale il tema della psicologia resta un tabù nel nostro paese. Seppur il numero degli psicologi sia in aumento, quello dei pazienti è sì in aumento, ma resta ancora lontano dai numeri dei paesi stranieri e in contraddizione rispetto alla quantità di sintomi riconducibili a problematiche psicopatologiche, più o meno gravi. Gli italiani giudicano gli psicologi come più affidabili ed efficaci ma allo stesso tempo sussiste ancora la difficoltà ad accettare di avere bisogno di aiuto. Una possibile spiegazione di fronte a questi dati può essere circoscritta alla persistenza di luoghi comuni sul lavoro e la figura dello psicologo, dettati prima di tutto da stereotipi e cattiva informazione, che caratterizzano ciò che molte persone pensano nei confronti della professione e di chi la svolge. 

Proviamo ad analizzare i quattro tabù che più di tutti, dal mio punto di vista, influenzano il pensiero comune sul benessere psicologico. 

 

1) Lo psicologo cura solo ed esclusivamente i pazzi e i matti

Sicuramente uno dei luoghi comuni più ridondanti sul tema. Chi si rivolge a un professionista può avere problematiche e vissuti tra loro diversissimi, e motivi differenti per chiedere aiuto. Può farlo per problematiche psichiche, per affrontare emozioni e vissuti in situazioni di vita quotidiane o circoscritte che possono diventare spiacevoli e difficili da gestire; o più semplicemente ci si rivolge a uno specialista per lavorare sul proprio benessere nel complesso, sulle proprie difficoltà, sui propri atteggiamenti e comportamenti disfunzionali e disadattivi, sui propri pensieri negativi che condizionano l'immagine di se stessi e sull'autostima personale. Dietro questo luogo comune c’è la convinzione errata che lo psicologo si occupi soltanto delle forme di psicopatologia grave.

 

 

2) Lo psicologo si prende cura dei più deboli, che da soli non sono in grado di risolvere i propri problemi. 

Il pensiero che tutti i propri problemi sono risolvibili autonomamente è uno dei motivi di aggravamento dei sintomi e delle problematiche. Chiedere aiuto a chi di competenza è la risorsa personale di chi, consapevole dei propri limiti e delle proprie difficoltà, cerca al di fuori di se stesso ciò di cui ha bisogno per star meglio. Generalmente abbiamo sempre bisogno del supporto altrui, ma in determinati momenti della vita può essere necessario che questi altri siano persone a noi sconosciute ma competenti. 

Lo psicologo non risolve i problemi né dà consigli, ma aiuta la persona a ritrovare le proprie risorse personali per ottenere un benessere psicofisico. Al termine di un ciclo psicologico la responsabilità e la direzione del cambiamento rimangono personali: lo psicologo non affronta il disagio psicologico al posto del proprio paziente. Statisticamente, da un punto di vista sociale e culturale, la richiesta d’aiuto di una donna è più accettabile rispetto a quella di un uomo, a dimostrazione del pensiero diffuso all’interno del genere maschile del prevalere come più ‘forte’ dell’altro. 

 

 

3) A cosa serve parlare con lo psicologo se posso farlo con amici o familiari.

Il ruolo di amici e parenti è indiscusso, poiché di estremo conforto per ognuno di noi. Quando il problema è più profondo gli amici possono darci consigli o generare giudizi soggettivi a causa di un inevitabile coinvolgimento emotivo, ma questi non sono sufficienti e spesso nemmeno costruttivi. L’aiuto che può fornire uno psicologo, che è dotato di competenze e strumenti utili ad affrontare difficoltà strutturate, è ben diverso da quello di un amico per differenti motivi: da esperti, offrono la possibilità di guardare se stessi con un’altra prospettiva.

Lo psicologo, non conoscendo prima del colloquio il proprio paziente, non è coinvolto in dinamiche affettive con la persona, rimanendo il più obiettivo possibile, senza la paura di generare dispiaceri o giudizi effimeri.

 

 

4) Psicologo, psicoterapeuta e psichiatra sono la stessa cosa.

Questa idea diffusa nasce da una scarsa conoscenza delle competenze e dei ruoli relativi ad ogni figura professionale, per cui si tende ad utilizzare questi termini in maniera intercambiabile. In realtà si tratta di tre figure differenti. Lo scopo principale del lavoro dello psicologo è la prevenzione del disagio o dei disturbi psicologici, la promozione del benessere della persona e il recupero dello stesso; il tutto avviene attraverso lo strumento del colloquio psicologico. Lo psicoterapeuta, a differenza dello psicologo, è il professionista indicato nella cura dei disturbi psicopatologici, grazie ad una formazione aggiuntiva in una scuola di specializzazione rispetto il semplice psicologo. Sia lo psicologo che lo psicoterapeuta non sono medici, quindi non abilitati alla prescrizione di farmaci. Lo psichiatra è un medico, può prescrivere psicofarmaci e si occupa della cura in termini biologico-organicisti dei disturbi mentali. Psichiatra, psicologo e psicoterapeuta lavorano quindi su facce diverse della stessa medaglia, il disagio psichico, ciascuno con le proprie competenze. 

 

Un’ulteriore indagine condotta dall’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Psicologi sulle prestazioni psicologiche ha indicato come più il paziente ha accesso a risorse informative e quindi più consapevole, più sarà propenso a rivolgersi a uno psicologo e vedere la psicologia per come è realmente, lontana dai luoghi comuni. La scelta di rivolgersi a uno psicologo ha inevitabilmente anche un risvolto economico. In realtà, è possibile fare terapia con una spesa accessibile a chiunque dia valore alla propria serenità rivolgendosi alle Asl, in ospedale o in un consultorio. Tuttavia la spesa per andare dallo psicologo viene vista sovente come una spesa inutile.

La domanda che dovremmo porci è: quanto è utile per me comprendere e migliorare me stesso, scoprire un nuovo potenziale e imparare a gestire le difficoltà e le emozioni

Scritto da

Giancarlo Stefanino

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