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Salute mentale: quando un diritto si scontra con la realtà

di Giancarlo Stefanino19/10/23
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Tempo di lettura 3 minuti

 

Lo scorso 10 ottobre è stata celebrata la Giornata Mondiale della Salute Mentale, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per promuovere la consapevolezza e la difesa della salute mentale contro lo stigma sociale. Lo slogan di quest’anno, “Our minds, our rights”, richiama al diritto fondamentale per chiunque di aspirare al più alto standard raggiungibile di salute mentale. 

Mi sono chiesto fino a poco fa quale argomento potesse trattare questo testo, ma dal momento in cui ho letto lo slogan dell’OMS c’è una sola domanda che mi tormenta: viviamo in un mondo in cui la salute mentale è considerata e rispettata concretamente come un diritto?

E allora ho provato a guardarmi intorno, partendo dalle principali notizie che circolano in rete o nei notiziari negli ultimi giorni.

 

La prima constatazione giunge dal conflitto tra Israele e Hamas; corpi stuprati e bruciati, bambini decapitati, civili come ostaggi e ospedali bombardati sono solo alcune delle notizie che ci arrivano. Ogni singolo evento viene immediatamente trasformato in una battaglia di narrazioni. Vedere immagini strazianti, udire storie di sofferenza ci porta istintivamente a reagire con emozioni contrastanti, spesso giungendo a determinare delle risposte basandosi erroneamente solo su un ragionamento emotivo. 

Di fronte ad una società schizofrenicamente in continua tensione fra poli opposti, che non restituisce la complessità del reale, si finisce inevitabilmente nel non capire più da che parte stare (come se fossimo dei tifosi durante una partita), e perché accadono le cose; con questi presupposti, come possiamo pretendere che la nostra salute mentale venga tutelata?

 

La seconda riflessione si è sviluppata dallo ‘scandalo calcioscommesse’, così definito da diverse testate giornalistiche, riguardante alcuni calciatori professionisti italiani. Tralasciando la manipolazione del concetto di ludopatia, ciò che mi lascia perplesso è la rapidità diffusa con cui si venga stigmatizzati e condannati, come se l’essere famoso o ricco sia una condizione a garanzia di una buona salute mentale e venga meno l’essere una comune persona come le altre. Che tipo di reazioni ha suscitato a vista d'occhio questa notizia? Vedo solo tanta cattiva informazione diretta a colpevolizzare persone con evidenti disagi mentali, commenti che denotano una totale mancanza di comprensione: anche in questo caso siamo ben lontani dalla normalizzazione di un problema di salute mentale.

Di fronte ad una società così giudicante e superficiale, come possiamo pretendere che la nostra salute mentale venga tutelata?

 

Il terzo e ultimo pensiero sorge da un’esperienza raccontatami da un’amica. Durante il viaggio di rientro in treno, il mezzo si è dovuto fermare d’improvviso per un tentativo di suicidio in una stazione poco distante. Chi viaggia spesso in treno sa bene come questa sia purtroppo una situazione diffusa e non prevedibile, come tante altre. Quello che colpisce la mia amica sono subito i commenti riportati da alcuni passeggeri, una volta saputo il motivo dello stop. Ve ne riporto alcuni:

“C’era un pazzo che voleva suicidarsi”

“Ma scegliete un orario diverso per fare queste cose”

“Ammazzatevi a casa vostra”

Questa è la descrizione soltanto di una delle situazioni di vita quotidiana dove viene completamente sottostimato l'aspetto mentale, non si riflette sul motivo di tale gesto, si azzera ogni sensibilità, e istintivamente la cosa più facile da fare è attribuire la colpa del proprio disagio all'individuo stesso.

Come possiamo pretendere che la nostra salute mentale venga tutelata se non si riesce a riconoscere e rispettare la salute mentale altrui?

 

 

Sono tre spunti apparentemente molto differenti fra loro, me ne rendo conto; ciò nonostante, penso come insieme possano rievocare elementi ricorrenti nella società moderna che incidono sul riconoscimento del concetto di salute mentale e in parte rispondono alla mia domanda iniziale.

Risulta difficile auspicare un elevato standard di salute mentale quando i presupposti sono l'esposizione ad una realtà parziale e distorta, l'intensa spinta di giudizi e aspettative, e la prevalenza di una negazione o minimizzazione del diritto stesso. La salute mentale è un diritto solo dal punto di vista teorico, ancora ben lontano da una concretezza e una normalizzazione. La promozione e la difesa della salute mentale dovrebbero inevitabilmente considerare questi ostacoli quotidiani sociali, che incidono direttamente o indirettamente sul grado di comprensione e adesione a questo diritto fondamentale.

 

Per cui, giro la domanda a voi lettori: viviamo davvero in un mondo in cui la salute mentale è considerata e rispettata concretamente come un diritto? 

 

Scritto da

Giancarlo Stefanino

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