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Moda e Morte: la corsa delle “Figlie della Caducità”

di Giulia Pagani17/10/23
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Tempo di lettura 7 minuti

Le Operette Morali sono una raccolta di Giacomo Leopardi, frutto di una genesi lunga e del tutto particolare all’interno dell’intero panorama letterario del periodo. L’autore affida a queste prose tutta una serie di tematiche che aveva molto a cuore, indicando l’opera come “frutto della mia vita finora passata” e “più care de’ miei occhi”.

Il Dialogo della Moda e della Morte fu composto a Recanati tra il 15 e il 18 febbraio 1824 ed anticipa alcune degli argomenti che entreranno a gran voce nelle discussioni tra il XX e XXI secolo. 

Moda. Madama Morte, madama Morte.
Morte. Aspetta che sia l’ora, e verrò senza che tu mi chiami.
Moda. Madama Morte.
Morte. Vattene col diavolo. Verrò quando tu non vorrai.
Moda. Come se io non fossi immortale.
Morte. Immortale? Passato è già più che ‘l millesim’anno che sono finiti i tempi degl’immortali.
Moda. Anche Madama petrarcheggia come fosse un lirico italiano del cinque o dell’ottocento?
Morte. Ho care le rime del Petrarca, perché vi trovo il mio Trionfo, e perché parlano di me quasi da per tutto. Ma in somma levamiti d’attorno.
Moda. Via, per l’amore che tu porti ai sette vizi capitali, fermati tanto o quanto, e guardami.
Morte. Ti guardo.
Moda. Non mi conosci?
Morte. Dovresti sapere che ho mala vista, e che non posso usare occhiali, perché gl’Inglesi non ne fanno che mi valgano, e quando ne facessero, io non avrei dove me gl’incavalcassi.
Moda. Io sono la Moda, tua sorella.
Morte. Mia sorella?
Moda. Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducità?
Morte. Che m’ho a ricordare io che sono nemica capitale della memoria.
Moda. Ma io me ne ricordo bene; e so che l’una e l’altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una strada e io per un’altra.

All’interno di una corsa scomposta Leopardi fa dialogare due figure, la Moda e la Morte, personificate e grottesche: è la prima a prendere la parola ed a chiamare la sua interlocutrice, che tuttavia non riesce a riconoscerla. La Moda allora si presenta, identificandosi come sorella della Morte, e mostrandoci come entrambe siano figlie della Caducità. Le due si occuperebbero di “disfare e rimutare” di continuo le cose terrene, anche se attraverso modalità diverse: la Morte, attraverso la violenza, mentre la Moda si accontenterebbe “per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali”.

Moda. Benché sia contrario alla costumatezza, e in Francia non si usi di parlare per essere uditi, pure perché siamo sorelle, e tra noi possiamo fare senza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi. Dico che la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo, ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue; io mi contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali. Ben è vero che io non sono però mancata e non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come verbigrazia sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v’appicco per li fori; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi che io fo che essi v’improntino per bellezza; sformare le teste dei bambini con fasciature e altri ingegni, mettendo per costume che tutti gli uomini del paese abbiano a portare il capo di una figura, come ho fatto in America e in Asia; storpiare la gente colle calzature snelle; chiuderle il fiato e fare che gli occhi le scoppino dalla strettura dei bustini; e cento altre cose di questo andare. Anzi generalmente parlando, io persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni giorno mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi, e qualcuno a morire gloriosamente, per l’amore che mi portano. Io non vo’ dire nulla dei mali di capo, delle infreddature, delle flussioni di ogni sorta, delle febbri quotidiane, terzane, quartane, che gli uomini si guadagnano per ubbidirmi, consentendo di tremare dal freddo o affogare dal caldo secondo che io voglio, difendersi le spalle coi panni lani e il petto con quei di tela, e fare di ogni cosa a mio modo ancorché sia con loro danno.

La moda costringerebbe gli uomini a mettere in atto  tutta una serie di pratiche volte a modificare l’immagine fisica delle persone e la loro esteriorità, soltanto per brama di seguire quelle norme dettate dalla società. Per Leopardi, che a dispetto di quanto si possa credere nutriva un grande interesse per il corpo umano e le sue facoltà, queste pratiche risultano non soltanto inutili, ma addirittura  controproducenti e dannose. 

[…] Morte. Sia con buon’ora. Dunque poiché tu sei nata dal corpo di mia madre, saria conveniente che tu mi giovassi in qualche modo a fare le mie faccende.
Moda. Io l’ho fatto già per l’addietro più che non pensi. Primieramente io che annullo o stravolgo per lo continuo tutte le altre usanze, non ho mai lasciato smettere in nessun luogo la pratica di morire, e per questo vedi che ella dura universalmente insino a oggi dal principio del mondo.
Morte. Gran miracolo, che tu non abbi fatto quello che non hai potuto!
Moda. Come non ho potuto? Tu mostri di non conoscere la potenza della moda.
Morte. Ben bene: di cotesto saremo a tempo a discorrere quando sarà venuta l’usanza che non si muoia. Ma in questo mezzo io vorrei che tu da buona sorella, m’aiutassi a ottenere il contrario più facilmente e più presto che non ho fatto finora. […]

La Moda illustra alla sorella come, nonostante stravolga ed annulli tutte le cose umane, non ha mai fatto cessare in nessun luogo la pratica di morire. La Morte, visibilmente irritata per quanto da lei proferito, risponde scocciata che non può fare qualcosa che non le è concesso: ma, ancora una volta, l’interlocutrice le rinfaccia di “non conoscere la potenza della Moda”. Una potenza enorme e pervasiva, che invade ogni ambito della nostra vita portandoci a compiere scelte che spesso ci omologano, lontane a volte da quelle che dovrebbero essere le normali norme del buonsenso. 

Moda. Già ti ho raccontate alcune delle opere mie che ti fanno molto profitto. Ma elle sono baie per comparazione a queste che io ti vo’ dire. A poco per volta, ma il più in questi ultimi tempi, io per favorirti ho mandato in disuso e in dimenticanza le fatiche e gli esercizi che giovano al ben essere corporale, e introdottone o recato in pregio innumerabili che abbattono il corpo in mille modi e scorciano la vita. Oltre di questo ho messo nel mondo tali ordini e tali costumi, che la vita stessa, così per rispetto del corpo come dell’animo, e più morta che viva; tanto che questo secolo si può dire con verità che sia proprio il secolo della morte. E quando che anticamente tu non avevi altri poderi che fosse e caverne, dove tu seminavi ossami e polverumi al buio, che sono semenze che non fruttano; adesso hai terreni al sole; e genti che si muovono e che vanno attorno co’ loro piedi, sono roba, si può dire, di tua ragione libera, ancorché tu non le abbi mietute, anzi subito che elle nascono. Di più, dove per l’addietro solevi essere odiata e vituperata, oggi per opera mia le cose sono ridotte in termine che chiunque ha intelletto ti pregia e loda, anteponendoti alla vita, e ti vuol tanto bene che sempre ti chiama e ti volge gli occhi come alla sua maggiore speranza. Finalmente perch’io vedeva che molti si erano vantati di volersi fare immortali, cioè non morire interi, perché una buona parte di sé non ti sarebbe capitata sotto le mani, io quantunque sapessi che queste erano ciance, e che quando costoro o altri vivessero nella memoria degli uomini, vivevano, come dire, da burla, e non godevano della loro fama più che si patissero dell’umidità della sepoltura; a ogni modo intendendo che questo negozio degl’immortali ti scottava, perché parea che ti scemasse l’onore e la riputazione, ho levata via quest’usanza di cercare l’immortalità, ed anche di concederla in caso che pure alcuno la meritasse. Di modo che al presente, chiunque si muoia, sta sicura che non ne resta un briciolo che non sia morto, e che gli conviene andare subito sotterra tutto quanto, come un pesciolino che sia trangugiato in un boccone con tutta la testa e le lische. Queste cose, che non sono poche né piccole, io mi trovo aver fatte finora per amor tuo, volendo accrescere il tuo stato nella terra, com’è seguito. E per quest’effetto sono disposta a far ogni giorno altrettanto e più; colla quale intenzione ti sono andata cercando; e mi pare a proposito che noi per l’avanti non ci partiamo dal fianco l’una dell’altra, perché stando sempre in compagnia, potremo consultare insieme secondo i casi, e prendere migliori partiti che altrimenti, come anche mandarli meglio ad esecuzione.
Morte. Tu dici il vero, e così voglio che facciamo..

La Moda pone l’accento su come col passare degli anni abbia mandato in disuso alcune usanze per la ricerca del benessere corporeo, della sua salute e vitalità: si tratta di una tematica che è molto cara a Leopardi, che più volte ci torna sia all’interno delle Operette sia nell’ambito delle più ampie riflessioni che imprigiona nello Zibaldone. Sulla tematica della corporeità, della materialità del corpo umano all’interno di queste prose, ho svolto la mia tesi di laurea triennale, ed è un argomento che ho molto a cuore. Nonostante quello che si può pensare quando si va ad esaminare un autore di salute così precaria come fu Leopardi, egli poneva grandissima importanza a questo tema, illustrando come per lui la salute di questo involucro determini in più ambiti quello che è la salute del nostro intelletto ed il nostro vigore. “Il corpo è l’uomo”, dirà nel Dialogo di Tristano e di un amico, e la cura, la preoccupazione per esso è stata, a suo parere, oggetto di una svalutazione progressiva nel corso dei secoli. 

Il testo si chiude in maniera significativa con le due figure che stringono un patto fraterno, promettendosi di viaggiare fianco a fianco per poter mettere in atto i propri piani in maniera più semplice e prolifera. 

In queste riflessioni si può notare quella che è la straordinaria modernità di questo autore, il suo ancorarsi ad una vita quotidiana che voleva criticare e comprendere, senza lasciare mai da parte quell’ironica consapevolezza di un mondo, quello mondano e frivolo suo contemporaneo, che non riusciva e non voleva comprendere. 

 

credits: unsplash

Scritto da

Giulia Pagani

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