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Suscitatori di Memorie

di Giulia Pagani10/05/23
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Tempo di lettura 5 minuti

L’altro giorno stavo passeggiando per la mia Trecate, assorta tra i pensieri di un giornata di impegni. I luoghi dell’infanzia hanno un fascino particolare, non importa quanto piccoli ed angusti, ti accolgono anche se sei stato lontano, anche se fai ritorno raramente tra le loro strade. Stavo camminando, e ho pensato che, per me, questo luogo ha un odore particolare, diverso da tutti gli altri posti.

Nel 1966 Primo Levi pubblicò la sua prima raccolta di racconti fantascientifici, Storie Naturali, con lo pseudonimo di Damiano Malabalia. Si tratta di quindici componimenti, scritti nell’arco di vent’anni, in cui l’autore si cimenta su tematiche molto diverse, tra cui l’uomo nella sua complessità, la scienza, le macchine, la creazione. Tra di essi, uno mi ha colpito fin da subito: i Mnemagoghi. Nel racconto Levi ci propone un qualcosa per lui fondamentale, il tema della memoria, sotto un’altra sfaccettatura, da un punto di vista differente. Ci presenta la storia di un giovane medico, il dottor Morandi, fresco di laurea, quasi infastidito dal suo nuovo titolo, che si presenta nel paese dell’anziano dottore che dovrà sostituire, Montesanto. L’uomo, dopo un primo soliloquio iniziale in cui discorre del più e del meno, mostra al suo futuro successore una sua straordinaria invenzione, frutto dei suoi studi in farmacologia: i Mnemagoghi, “suscitatori di ricordi”. Si tratta di alcune piccole boccette in cui l’uomo ha racchiuso essenze che, se da lui inalate, hanno il potere di riportargli alla mente episodi e momenti della sua vita. 

[…]- C'è chi non si cura del passato, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti. C'è chi, invece, del passato è sollecito, e si rattrista del suo continuo svanire. C'è ancora chi ha la diligenza di tenere un diario, giorno per giorno, affinchè ogni sua cosa sia salvata dall'oblio, e chi conserva nella sua casa e sulla sua persona ricordi materializzati; una dedica su un libro, un fiore secco, una ciocca di capelli, fotografie, vecchie lettere. 

- Io, per mia natura, non posso pensare che con orrore all'eventualità che anche uno solo dei miei ricordi abbia a cancellarsi, ed ho adottato tutti questi metodi, ma ne ho anche creato uno nuovo. 

- No, non si tratta di una scoperta scientifica: soltanto ho tratto partito dalla mia esperienza di farmacologo ed ho ricostruito, con esattezza e in forma conservabile, un certo numero di sensazioni che per me significano qualcosa. 

- Questi (le ripeto, non pensi che io ne parli sovente) io chiamo mnemagoghi: «suscitatori di memorie». Vuol venire con me? […]

Ci sono diversi modi di approcciarsi al proprio passato: c’è chi non se ne cura, chi se lo lascia scivolare addosso senza trattenerlo, e c’è chi invece “del passato è sollecito”. E poi, C’è chi ha paura dell’oblio, di perdere nell’inesorabile avanzata del tempo pezzetti della propria esistenza. L’anziano dottore racconta senza filtri come sia spaventato, terrorizzato, all’idea di perdere i propri ricordi, e di come ha trovato un metodo, scientificamente provato, per tentare di trattenerli. I suoi Mnemagoghi sono delle boccette, con un particolare valore evocativo, capaci di riportare alla memoria del creatore ricordi di un passato lontano. Tuttavia, essi hanno particolari regole di funzionamento. Per esempio, serve un po’ di tempo affinchè un ricordo si sedimenti nella memoria, e possa quindi essere suscitato da un odore. In questo senso, dopo aver odorato le prime boccette, l’attenzione di Morandi viene colpita da una di esse, che egli pensa di riconoscere: 

[…] - . . . Questo non è che acido fenico! - esclamò Morandi odorando una terza boccetta. 

- Infatti. Pensavo che anche per lei questo odore volesse dire qualcosa; ma già, non è ancora un anno che lei ha terminato i turni d'ospedale, il ricordo non è ancora maturato. Perché avrà notato, non è vero? che il meccanismo evocatore di cui stiamo parlando esige che gli stimoli, dopo aver agito ripetutamente, collegati ad un ambiente o ad uno stato d'animo, cessino poi di agire per un tempo piuttosto lungo. Del resto è di osservazione comune che i ricordi, per essere suggestivi, devono avere il sapore dell'antico. […]

Per il giovane, il ricordo che l’acido fenico dovrebbe suscitare, i turni in ospedale durante l’università, non sarebbe ancora maturato perchè, come è risaputo,  “I ricordi devono avere il sapore dell’antico”. Il racconto continua tra prove e supposizioni davanti agli odori presentati da Montesanto, fino ad una svolta imprevista: 

[…] Superato il disagio iniziale, Morandi stava prendendo interesse al gioco. Sturò a caso una quinta boccetta e la porse a Montesanto: - E questa? 

Emanava un leggero odore di pelle pulita, di cipria e di estate. Montesanto odorò, ripose la boccetta e disse breve: 

- Questo non è un luogo né un tempo. È una persona.
Richiuse l'armadio; aveva parlato in tono definitivo.
Morandi preparò mentalmente alcune espressioni di interesse e di ammirazione, ma non riuscì a superare una strana barriera interna e rinunciò ad enunciarle. Si congedò frettolosamente con una vaga promessa di una nuova visita, e si precipitò giù dalle scale e fuori nel sole. Sentiva di essere arrossito intensamente. 

Dopo cinque minuti era fra i pini, e saliva furiosamente per la massima pendenza, calpestando il sottobosco morbido, lontano da ogni sentiero. Era molto gradevole sentire i muscoli, i polmoni e il cuore funzionare in pieno, cosi, naturalmente, senza bisogno di intervenire. Era molto bello avere ventiquattro anni. 

Accelerò il ritmo della salita quanto più poté, finché senti il sangue battergli forte dentro le orecchie. Poi si sdraiò sull'erba, cogli occhi chiusi, a contemplare il bagliore rosso del sole attraverso le palpebre. Allora si senti come lavato a nuovo. 

Quello era dunque Montesanto. ... No, non occorreva fuggire, lui non sarebbe diventato cosi, non si sarebbe lasciato diventare cosi. […]

Morandi accetta pienamente la sfida che l’anziano medico gli propone, annusando ed ipotizzando i ricordi legati ai vari profumi, fino a quando si imbatte in una boccetta contenente un profumo che “non è un luogo né un tempo” ma bensì  una persona. Questo ricordo, pone fine allo scambio tra i due, con l’anziano che in tono definitivo richiude l’armadio, lasciandosi la conversazione alle spalle per sempre. Il giovane, dopo vane promesse di una nuova visita, si congeda in fretta dal collega, attonito per la scoperta di cui è stato testimone. 

“Era molto bello avere ventiquattro anni”: questa è ciò a cui egli perviene, l’amara consolazione di vedere lontana la condizione di malinconia e ricordo di Montesanto, la convinzione di non lasciarsi diventare così, prigioniero di ricordi e giorni lontani. 

Si sprigiona in queste righe il valore della memoria, l’importanza fondamentale che essa riveste nella vita di Levi, la necessità di conservarla e consegnarla, a tempo debito, a mani adeguate. 

Ognuno ha i suoi Mnemagoghi, ricordi di un passato ormai inafferrabile. 

 

Credits: Pixabay

Scritto da

Giulia Pagani

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