Logo Educare alla Bellezza
Logo TRaMe

Le falesie del nord

di Mario Roma24/05/23
Categoria: Tag: , , ,
Tempo di lettura 2 minuti

Alcune volte mi fermo a pensare alle conversazione che ho con gli altri. Per alcuni istanti, rifletto e rimugino, ormai con una certa distanza, sulle parole che ho utilizzato, sulle cose che ho detto e su ciò che le persone con cui discuto, dicono a me. Questo meccanismo della mia psiche non si attiva tout court su tutte le discussioni a cui prendo parte, sicuramente non avviene con coloro che frequento quotidianamente, non familiari o amici stretti che sanno ogni cosa di me, ma più abitualmente persone che conosco, con cui entro in contatto in ambiti differenti, con cui mi è capitato di mangiare una pizza, o prendere un caffè, scambiare anche qualche opinione, magari rimanendo in superficie, probabilmente cercando di essere un’immagine costruita e smussata rispetto alla reale.

In queste circostanze poi, ciò che trovo difficile da gestire, è il grado di profondità delle risposte, alle domande che mi vengono poste. Già a partire dal “come va?” iniziale, sono in difficoltà; mi chiedo in che modo mediare la risposta, non tanto per non annoiare lo spettatore, quanto per non scoprirmi troppo, non diventare vulnerabile e al tempo stesso non dare una risposta che da sola, duri 8 minuti. Mi limito al più classico dei “bene, tu?”.

L’apice si raggiunge quando le domande dell’interlocutore cominciano a correre su di un binario border line, che separa la sfera intima e il vivere sociale, il background personale e la comunicazione interpersonale. Domande non per forza sfrontate, anzi legittime, sicuramente giustificate dalla rappresentazione che chi mi incontra ha di me, ma che pongono nella condizione di dover riflettere sulla risposta, che impongono una scelta precisa. Da una parte, la possibilità è quella di organizzare un pensiero ragionato, che tenga conto di ogni aspetto che ci ha permesso di prendere quella specifica decisione, sulla quale adesso veniamo interrogati e ci viene rivolta la domanda, dall’altra però, - cosa che per paura di un annegamento senza salvataggio da parte di chi ascolta faccio molto spesso - c’è la tendenza a ricorrere all’ironia, talmente sottile, da rendermi ancora più minchione agli occhi dello spettatore, che facendomi la domanda, tentava invece di darmi un’ancora di salvataggio dal considerarmi tale.

“Come mai metti ancora la mascherina?”

Mi piacerebbe fermarmi, posare lo sguardo, attingere a La critica della ragion pratica, al pensiero di Kant; mi piacerebbe spiegare che gli imperativi comportamentali ipotetici non mi si addicono, che il giudizio utilitaristico cerco di non contemplarlo e che tento (probabilmente con scarso successo) di basarmi su precise scelte morali, su imperativi categorici che non ammettono, una volta ponderata la scelta, ipotesi, condizioni. Che siamo, talmente condizionati da schemi comportamentali, in qualche modo prescritti, che io ricerco un mio agire preciso, forse fondato sul dovere, su ciò che ritengo corretto per me, nel rispetto degli altri. Vorrei, ma poi, in quello spazio infinitesimale, in quell’istante rapido di contemplazione, come se fossi in piedi ad osservare l’oceano, su di una falesia del nord, mi gioco tutto e rispondo che sono ipocondriaco.

 

Scritto da

Mario Roma

Altri articoli di Mario Roma

Tutto cambia Read More
Le leggi di natura Read More
E.H. Read More
Match point Read More
Qualche goccia di pioggia Read More
La supercazzola Read More
Viaggio della mente Read More
Le falesie del nord Read More
Scordato Read More
Vi avevo avvertito Read More

#EdaB

Copyright © 2024 - Tutti i diritti sono riservati

crossmenu linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram