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Abito, dunque sono

di Alessandra Dondi09/11/23
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Tempo di lettura 6 minuti
Photo by ev on Unsplah

È novembre e finalmente questa lunga estate sembra essere giunta al termine, almeno nel nord Italia. Piogge battenti hanno messo in ginocchio diverse regioni, causando forti disagi a un’ampia fetta della popolazione italiana. Noi fortunati che non abbiamo subito danni possiamo invece goderci questo clima autunnale con una tazza di cioccolata fumante nelle mani.

Chi siamo noi fortunati? Tutti noi che abbiamo almeno un tetto sulla testa e diversi altri servizi a disposizione (come acqua calda e riscaldamento) che ormai, un po’ per il doloroso contesto internazionale e soprattutto per speculazione finanziaria, stanno diventando quasi dei privilegi.

Secondo i dati Istat relativi al censimento della popolazione dell’anno 2021, su 59 030 133 residenti in Italia, 96 197 persone risultavano senza tetto, mentre altre 16 000 persone circa dimoravano in campi attrezzati o in insediamenti spontanei tollerati (Istat).

Di 96 197 persone, il 38% sono stranieri. Di questi, la metà proviene dal continente africano, mentre un 22% ha origini europee e in maggioranza si tratta di donne, così come tendenzialmente sono donne coloro che hanno origini (latino) americane. Tuttavia tra la popolazione censita gli uomini prevalgono. L’età media degli italiani si aggira sui 45.5 anni, mentre per gli stranieri scende a 35,2. È facile dunque comprendere anche le difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro di persone adulte, in maggioranza over-40. È allarmante anche la cifra di minorenni che vivono per strada: si tratta di 12 793 minorenni, in maggioranza italiani (fonte dati: Censimento permanente della popolazione, Istat, 2021).

Eppure la terminologia usata dall’Istat (“persone senza tetto e senza fissa dimora”) non è propriamente corretta: come riporta infatti la Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (filo.PSD) tramite un comunicato stampa, “l’’utilizzo della locuzione “senza fissa dimora” è giustificato dall’intenzione di Istat di censire un gruppo di popolazione connotata esclusivamente in termini di possesso del requisito giuridico della residenza”. Di conseguenza, sarebbe meglio utilizzare il termine “senza dimora“, poiché più inclusivo in quanto indica tutte “le persone che si trovano in una condizione di fragilità che intreccia il disagio abitativo con il disagio sociale” (Nota sul Censimento permanente della popolazione “senza fissa dimora”, filo.PSD).

A livello internazionale non esiste invece una definizione di homelessness, condizione generalmente definita in base alla situazione socio-economica, alle norme culturali, alle persone affette da questo grave problema e alla finalità per cui si sta definendo il fenomeno (OHCHR).

Eppure ridurre la definizione a “senza dimora” non tiene in considerazione la situazione di generale deprivazione e vulnerabilità in cui si trovano le persone che rientrano in questa categoria.

Tale situazione rappresenta innanzitutto una violazione del principio di “dignità umana” sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalle due Convenzioni Internazionali sui Diritti Civili e Politici e sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (queste ultime due vincolanti per gli Stati che le hanno ratificate, tra cui l’Italia), ma anche dal Protocollo 13 allegato alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Nello specifico, l’art. 11.1 della Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali cita proprio che:

Gli Stati Parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la sua famiglia, che includa alimentazione, vestiario, ed alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita. Gli Stati Parti prenderanno misure idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto, e riconoscono a tal fine l'importanza essenziale della cooperazione internazionale, basata sul libero consenso.

Andando oltre il Diritto dei Trattati, la condizione di homelessness costituisce anche una violazione del principio di “minimum core standard” sancito dal Diritto Internazionale Consuetudinario, che fa riferimento alla necessità di garantire un trattamento minimo a tutte le persone (senza alcuna distinzione!) così da garantire loro standard di vita dignitosi.

La mancanza di una dimora (dignitosa) comporta forti implicazioni per la vita delle persone: banalmente come curarsi se per godere dei servizi del SSN è richiesto un domicilio?

Non avere una casa crea un concatenamento di situazioni difficili da superare relative al lavoro, al conto bancario, alla ricezione della posta… ne derivano quindi ulteriori violazioni di Diritti Umani (in quanto tali intrinsecamente universali), come il Diritto alla Salute.

Per provvedere alla garanzia di questo Diritto Fondamentale, il Comune di Pinerolo (TO) – attualmente primo in Italia – ha individuato l’Ufficio Casa e Politiche Sociali come punto di arrivo per gli inviti di screening sanitario ai senza dimora del paese, inserendo come indirizzo “via della Casa Comunale inesistente” (fonte: TGR, edizione delle ore 19, minuto 27 ca).

Contrariamente a quanto si possa pensare, le cause che portano una persona a rimanere senza dimora sono solo in minima parte legate a condizioni psico-sociali delle persone (come malattie mentali o abuso di alcool e droghe). Stando a quanto riportato dal Programma delle Nazioni Unite per gli Insediamenti Umani (UN Habitat) in un documento che riporta le strategie per combattere l’homelessness, la maggiorparte delle persone che diventa homeless in realtà lo è in modo transitorio, ma è continuamente sottoposta a questo rischio. In tal caso, provvedere a garantire loro un riparo e sostenerli per gli altri eventuali problemi a cui sono esposti può essere di grande aiuto (Strategies to Combat Homelessness, UN Habitat; 2000, pag. 87).

Sempre questo documento riporta inoltre che le analisi economiche suggeriscono che questo fenomeno si rileva soprattutto laddove le istituzioni economiche non riescono a produrre e redistribuire in modo adeguato (aggiungo io: equo) le risorse abitative (Strategies to Combat Homelessness, UN Habitat; 2000, pag. 87). Questa questione è particolarmente importante per l’Italia in quanto un’elevata percentuale di abitazioni risultano vuote, questione aggravata dagli edifici inabitabili perché la metratura è inferiore a quella prevista dalla legge*.

Un primo passo verso il riconoscimento formale di questo problema è già stato fatto: nel 2020 la 58° Sessione della Commissione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sociale si è conclusa con una Risoluzione (purtroppo non vincolante) sul tema dell’homelessness – la prima mai stilata al riguardo.

Anche il fatto che l’Istat abbia iniziato a raccogliere dati anche su questa parte di popolazione (seppure da soli tre anni) rappresenta un’importante traguardo poiché permette innanzitutto di stimare il numero di persone che vivono in tali condizioni e di conoscerne le caratteristiche, incluse le cause che hanno creato il problema, e quindi di trovare soluzioni ma anche strategie di prevenzione.

Similmente agisce l’Università degli Studi di Milano che da quattro anni promuove l’iniziativa “racCONTAMI”: una rilevazione delle persone senza dimora di Milano promossa dal Comune e affidata alla Fondazione Ing. Rodolfo Debenedetti.

Il problema di non avere un tetto è ancora più rilevante in questo periodo dell’anno in cui l’inverno è alle porte**. Al momento il Comune di Milano non ha ancora annunciato quali misure intende intraprendere per agevolare la vita di chi non ha un tetto, eppure le temperature – soprattutto di notte – iniziano ad abbassarsi considerevolmente…

Perlomeno in Italia non siamo ancora arrivati a definire l’homelessness come “scelta di vita”, come sostenuto invece da Suella Braverman, Home Secretary del Parlamento britannico, che ha di fatto proposto di limitare l’uso delle tende in spazi pubblici da parte di queste persone.

The British people are compassionate. We will always support those who are genuinely homeless. But we cannot allow our streets to be taken over by rows of tents occupied by people, many of them from abroad, living on the streets as a lifestyle choice.” (The Guardian, 6/11/2023).

Eppure nel Regno Unito gli homeless sono aumentati del 6,8% nell’ultimo anno…

 

 

 

*Avrei voluto riportare dei dati al riguardo ma non ho trovato nulla. Avrei potuto riportare delle cifre che mi ricordo di avere studiato nel modulo di Antropologia Urbana, ma temo che la memoria mi inganni e comunque non sarebbero state confermati da fonti certe. Ciononostante, il problema esiste. Credo che chi si ritrovi senza un tetto non si faccia troppi problemi ad accettare una casa, anche se poco spaziosa. È vero che rappresenterebbe comunque una lesione del Diritto alla Dignità Umana, ma sempre “minore” (se proprio vogliamo giudicare un Diritto per gradi) rispetto a non avere proprio un’abitazione in cui stare.

**in realtà il considerevole aumento di fenomeni metereologici estremi a causa della crisi climatica rappresenta un serio rischio per l’incolumità di queste persone: il problema era già stato esposto questa estate quando il downburst che aveva colpito Milano aveva causato la caduta di diversi alberi che – quasi per miracolo mi vien da dire – non avevano colpito alcuni senza tetto che dormivano in parchetti pubblici.

 

Consiglio i seguenti materiali per un approfondimento del tema (che costituiscono anche una parte delle fonti usate per scrivere questo articolo):

 

Una best practice: l’apertura di un temporary store per senza dimora nei pressi della Stazione Centrale di Milano volto non solo a fornire beni materiali, ma anche a formare gli utenti affinché vengano inseriti nel mercato del lavoro.

 

Foto di ev, Unsplash

Scritto da

Alessandra Dondi

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