Erano le nove dello scorso sabato mattina quando il solito Signore mi sveglia citofonando per chiedere se avessimo qualche alimento da dargli. Lui, sempre gentile e sorridente, è un uomo di mezza età e quella mattina si vedeva che era infreddolito, nonostante i vestiti pesanti che indossava. Sinceramente non avevo voglia di fuoriuscire dalle calde coperte che mi avvolgevano, ma mi sarei sentita tremendamente in colpa a farlo rientrare a mani vuote. Una volta consegnata la busta, riprendo la mia solita routine.
Così, mentre stavo studiando, dopo appena un’ora abbondante qualcuno suona nuovamente al citofono: chiedo chi fosse e mi risponde una voce dicendo “vendo scope, vendo scope!”. Non avendo bisogno di questo utensile, ringrazio e declino l’offerta, ma subito questa voce risponde “almeno aiutami a pagarmi l’abbonamento per l’autobus per andare a scuola”. Apro la porta e vedo un giovanissimo Ragazzo sconsolato che aspetta speranzoso davanti al mio cancelletto.
Non so come mai non gli abbia chiesto il nome.
Forse perché pensavo a quanto fosse ingiusto che un giovane come lui, invece di impiegare il proprio tempo per studiare e divertirsi, fosse costretto a citofonare porta a porta per racimolare qualcosa per sopravvivere.
In Italia nel 2022 vi erano 14 304 000 persone a rischio povertà, pari al 24,4% della popolazione, contro una media UE del 21,8% (Rapporto Caritas 2023, pag. 13).
Vivevano in condizione di povertà assoluta* circa 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale delle famiglie in Italia) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% della popolazione). Secondo l’Istat, il peggioramento di questi dati rispetto all’anno precedente (2021) sarebbe da imputare all’incremento dell’inflazione (ISTAT a).
Se si tiene conto della nazionalità, allora la situazione si aggrava ulteriormente: la percentuale di famiglie con almeno uno straniero che vivevano in povertà assoluta sale al 28,9%, contro il 6,4% delle famiglie di soli italiani (ISTAT a).
Come purtroppo è intuibile dalla realtà dei fatti, la percentuale di persone a rischio povertà o esclusione sociale è drammaticamente più elevata al Sud (40,6%) rispetto alle regioni del Nord (in particolare Nord Est: 12,6%) (Rapporto Caritas 2023, pag. 15).
Anche i dati riferiti alla povertà minorile sono allarmanti: nel nostro Paese lo scorso anno il 28,8% degli under-16 era a rischio povertà o esclusione sociale. Come nel caso degli adulti, anche i minorenni residenti al Sud erano maggiormente esposti al fenomeno rispetto a coloro che vivono al Nord (46,6% vs 18,3%) (ISTAT b).
L’ISTAT riporta inoltre che “sono da segnalare importanti differenze per i minori di 16 anni in termini di rischio di povertà o esclusione sociale tra le famiglie monogenitore (39,1%) e le coppie con figli minori (27,2%). In particolare, l’indicatore raggiunge il 41,3% quando in famiglia è presente solamente la madre, mentre è pari al 27,6% per le famiglie monogenitore uomo. Il rischio aumenta al crescere del numero di figli minori in famiglia: per le famiglie monogenitore è pari a 37,3% se vi è un solo figlio minore e a 40,8% se ve ne sono almeno due; per le coppie con un figlio l’indicatore scende al 21,7% e per quelle con due o più figli è pari al 29,6%” (ISTAT b).
Ancora una volta la cittadinanza rappresenta un fattore aggravante: per i minorenni stranieri (incluse dunque le seconde generazioni nate in Italia ma senza cittadinanza Italiana) il rischio di povertà o esclusione sociale aumenta al 41,5% contro il 26,9% per i minorenni italiani. Tale percentuale incrementa vertiginosamente al 89,2% per i minori stranieri che vivono nel Mezzogiorno (ISTAT b).
La situazione è in continuo peggioramento (cfr. Rapporto ASviS 2023) e sono necessarie misure urgenti per contrastare questo fenomeno, in particolare nei confronti dei minorenni.
Dalla povertà, purtroppo, non si scappa: è un fenomeno intergenerazionale e, di conseguenza, se si è poveri da bambini è altamente probabile che si continuerà ad essere poveri anche da adulti.
Sebbene i dati riportati facciano riferimento alla povertà intesa solo come fenomeno economico, bisogna ricordare che in realtà il termine povertà fa riferimento necessariamente a una molteplicità di situazioni che sono intrinsecamente legate alla mancanza di risorse economiche. Si pensi infatti a cosa implica essere economicamente povero: difficoltà ad accedere a un domicilio, che a sua volta implica una forte limitazione nell’accesso ai servizi di welfare (seppure spettino per Diritto) - come la sanità.
Per i minorenni, vivere in una situazione di povertà significa molto spesso rinunciare all’istruzione (ad esempio per la difficoltà ad acquistare i materiali necessari) abbandonando la scuola appena compiuti i 16 anni al fine di trovare un impiego per aiutare economicamente la propria famiglia. Eppure l’istruzione è un vettore sociale che potrebbe migliorare il proprio posizionamento sociale, ma come dare priorità allo studio quando la pancia brontola?
* “Sono considerate in povertà assoluta le famiglie e le persone che non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile. La soglia di spesa sotto la quale si è assolutamente poveri è definita da Istat attraverso il paniere di povertà assoluta. Questo comprende l’insieme di beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati essenziali. Ad esempio le spese per la casa, quelle per la salute e il vestiario” (verbatim - definizione tratta da Il Sole 24 Ore).
Riferimenti:
ISTAT a. LE STATISTICHE DELL’ISTAT SULLA POVERTÀ - ANNO 2022
ISTAT b. LE CONDIZIONI DI VITA DEI MINORI - ANNO 2022
Il Sole 24 Ore, Nel 2022 è cresciuta in Italia la povertà assoluta in larga parte a causa dell’inflazione
Caritas italiana, Tutto da Perdere. Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, 2023
Consiglio inoltre di guardare anche il Rapporto ASviS 2023 (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile) per conoscere a che punto si trova l’Italia nell’implementare l’Agenda 2030 dell’ONU.
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