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Voce, Humus, Pollio.

di Antonio Roma05/12/23
Categoria: Tag:none
Tempo di lettura 3 minuti

Questo mese ho scelto di dialogare con un amico del quale ho davvero molta stima. Pollio ed io ci conosciamo da molti anni, da quando per capirci ascoltavo mattina, pomeriggio e sera la sua prima Utopia: Io?Drama.

Chi è Pollio?
Una persona che ama infilarsi tra le pieghe della vita con l’ambizione di poterle riassumere in canzoni, anche perché se parlo poi divento logorroico.

Perché Humus e come guardi al tuo concept album - perché questo è - a distanza di anni dalla sua uscita. Lo definirei oggi come allora davvero molto attuale.
Non avevo inizialmente un concept nella mia testa ma sicuramente avevo un’urgenza e un pugno di canzoni accomunate da uno stesso spirito e dal fatto di essere stilisticamente diverse da quello che avevo fatto per anni con la band. Con “Humus” volevo fertilizzare il terreno e coltivare qualcosa di nuovo.
In quel disco si parla di lutti, mancanze, attese, trapianti e ci si addentra spesso in luoghi torbidi e brulicanti, proprio come l’humus, perfetto per generare vita ma composto da organismi morti. “Humus” era anche un concetto che mi suonava genuino e primordiale, perfetto da contrapporre a qualcosa di artefatto e tossico come certe credenze o dogmi che critico nel disco, che in principio doveva infatti chiamarsi “Nessun Dogma”.
A distanza di anni guardo a “Humus” come un capitolo imprescindibile, non era affatto scontato riuscire a comunicare un nuovo me e ancora meno scontato che brani come “Generico” ricevessero quel tipo di interesse. Oggi ritoccherei qualcosa, ovvio, ma quando mi capita di riascoltarlo percepisco tutto il tempo e la cura che gli abbiamo dedicato. Oltre che un disco è stato anche uno splendido lavoro di squadra. Tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione del disco sono stati capaci di infondere nel progetto lo spirito giusto in un momento difficilissimo della mia vita. Ho registrato le voci tre giorni dopo il funerale di mio papà e ancora oggi, riascoltando certi passaggi, mi viene un po’ la pelle d’oca.

Come definiresti il panorama artistico musicale italiano oggi e secondo te che ruolo ha un cantautore nell’educazione delle nuove generazioni.
Lo definirei vivace ma forse un po’ assopito, soprattutto per quanto riguarda i contenuti. In questo periodo ci sarebbe spazio per la rottura, per il disturbo, per la “carogna” mi viene da dire. Questi sentimenti sono relegati solo a caption e reel ma poi, se vai ad ascoltare, nelle canzoni si preferisce essere disimpegnati per non apparire pesanti. Non biasimo questo approccio data l’aria che tira oggi in fatto di libertà d’espressione, semplicemente, da amante della musica e delle canzoni, sento una mancanza.
Per quanto riguarda il ruolo nell’educazione, non credo che un cantautore o un artista debba porsi questa domanda, sarebbe controproducente. Oggi affidiamo agli artisti l’educazione solo perché le istituzioni non si prendono questa responsabilità fino in fondo ma è un pericoloso accavallamento di ruoli. Arte e educazione sono due pilastri dell’essere umano ed è bene che rimangano separati se non vogliamo far crollare il castello.

A cosa stai lavorando?
Nella mia testa ci sono sempre delle canzoni pronte a prendere forma. Non pubblico un brano nuovo da tanti anni, non mi era mai successo e credo sia stato giusto prendermi del tempo per crescere, ma ora se non pubblico mi sa che sclero. Nello specifico in questo momento sto cercando la squadra giusta per estrarre le canzoni dal cassetto.

Prossimo appuntamento dove incontrarti?
Salotto Culturale, il 15 dicembre a Milano. Non un concerto ma uno scambio di idee, che fa sempre bene.

Scritto da

Antonio Roma

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