La bustina del tè di oggi, giovedì 30 novembre, indaga il rapporto che lega gli esseri umani e l’intelligenza artificiale, un argomento senza dubbio molto complesso e in costante evoluzione.
Nuove tecnologie e persone: cosa sta cambiando?
Concepiti inizialmente come strumenti atti a migliorare la nostra vita, stanno diventando qualcosa di più, offrendo assistenza in diversi settori, migliorando il nostro grado di efficienza nella ricerca medica, nell'educazione, nell’intrattenimento e nei modi e tempi di lavoro. A influenzarne il progresso e la diffusione contribuiscono ragioni etiche, socio economiche e culturali.
Infatti, nell’interazione quotidiana, impariamo a educarla e a utilizzarla meglio: si tratta di un modellamento di entrambi i fronti, perché anche noi e le nostre abitudini si modificano interfacciandoci.
Un settore chiave è quello del Machine Learning che ci ricorda che l’obiettivo dell'IA è quello di sviluppare macchine in grado di imitare alcune delle funzioni cognitive umane, come il ragionamento, l'apprendimento, la percezione sensoriale e l'interazione linguistica.
Gli spazi virtuali che abitiamo, ci conferiscono un nuovo senso di luogo, modificandone il concetto stesso: essere online, significa essere qui e altrove contemporaneamente. La vita reale, quella intima è lo spazio in cui si crea e si trasforma l'identità.
Lo psicologo e psicanalista Erik Erikson parla di “moratoria sociale”, un ritiro sociale (tipico degli adolescenti) in cui si struttura la propria identità attraverso la sperimentazione di nuove caratteristiche identitarie che non hanno conseguenze sulla nostra vita reale.
In questi processi è importante capire come si stia modificando lo stato del sé (itself) e come questo risenta di un'epoca veloce che ci impedisce di avere tempo per riflettere e simulando si rischia di diventare una sorta di cyborg da cui è difficile tornare indietro.
Particolarmente interessante è l'effetto dei giochi di ruolo perché alcune delle conseguenze più pericolose sono legate all'incapacità di saper tornare al mondo reale, scegliendo invece di passare il nostro tempo libero sulle piattaforme social che ci bombardano di centinaia di immagini distorte di vite perfette: Vanni Codeluppi parla di questo fenomeno come della “vetrinizzazione del sé”, (la definizione credo sia auto esplicativa, ma se vuoi approfondire, ecco qui uno spunto).
Ed è per questo che le vite degli altri, attraverso gli schermi, ci sembrano fluide, flessibili e molteplici e questo non fa altro che minare il nostro benessere psico-fisico, rendendoci più propensi a sviluppare patologie ansiose e/o depressive. In un momento storico in cui si abusa del termine narcisista, mi sembra utile sottolineare che una società così basata sulle apparenze genera potenziali narcisisti, che non sono coloro che hanno un ego gigante ma è coloro che hanno bisogno di un sostegno costante.
Ulteriori e interessanti riscontri si hanno nell'utilizzo di applicazioni di dating online (della mia esperienza ne avevo parlato qui) o nelle capacità di multitasking che stanno modificando rispettivamente le nostre aspettative relazionali e le nostre capacità di mantenere l’attenzione.
Con gli sviluppi del progresso si innestano anche diversi interrogativi legati agli usi etici e di conseguenza alle responsabilità, al rispetto della privacy e della sicurezza. Si pone infatti come un ostacolo quando non ci consente di staccare realmente dal lavoro, quando non ci garantisce il diritto all'oblio (anche nei casi di malattie), o anche quando, in relazione alle nuove forme di intimità e relazionalità, si preferisce il sexting (che apre le porte al revenge porn), dimenticandoci che l’intimità senza riservatezza è qualcosa di diverso.
Oggi la tecnologia ci permette di esprimere emozioni ma i sentimenti non sono più pienamente vissuti.
La globalizzazione e l’avvento pervasivo degli smartphone ci hanno abituati a un’interconnessione costante che ci impedisce di concentrarci su chi e cosa ci circonda creando quella che molti studiosi hanno soprannominato "nuova solitudine". Inoltre il tempo per scrivere, correggere e cancellare lascia spazio alla finzione e dimentica la spontaneità.
Da alcuni studi sembrerebbe che l'utilizzo delle tecnologia e dell'intelligenza artificiale influenzi l’umore e generi una regressione delle cosiddette “vie emozionali”, come è successo alla diminuzione del 40% di empatia negli studenti negli ultimi 30 anni.
A questo punto si potrebbe parlare le emozioni sintetiche ora che esistono svariati prototipi di robot sessuali e quelli pensati per l'assistenza geriatrica: davvero vogliamo che siano i robot ad accudire gli anziani o che facciano da baby-sitter ai nostri bambini? Se dovessimo affidare loro solo i compiti più faticosi, come cambiare pannolini e dare da mangiare ai bambini, essi, per esempio, potrebbero non associare più il cibo a qualcosa di umano, positivo, accogliente e piacevole, e questo potrebbe essere un problema per la crescita degli adulti del futuro.
Trovo che sia particolarmente interessante parlare del fenomeno delle live che simulano NPC (Non-Playable Character; in italiano PNG, personaggio non giocante), personaggi che seguono schemi comportamentali definiti che non sono sotto il controllo diretto del giocatore. A portare in Italia il trend di questi personaggi è stata Giuliana Florio che reagisce in modo meccanico e ripetitivo agli stimoli provenienti dagli utenti che assistono alle sue dirette. Per qualcuno si tratta di qualcosa di momentaneo, cringe e imbarazzante, per altri queste dirette sono la premessa sintomatica di un decadimento culturale.
Ho letto qualche articolo in merito e non intendo prendere una posizione in questo dibattito, ma ci tenevo a lasciarvi l’interrogativo che mi sono posta di frequente in questi giorni.
In un momento storico in cui l'intelligenza artificiale assume sempre di più le competenze e anche le sembianze dell'essere umano pare che l'essere umano voglia compiere il percorso opposto: riuscite a vederlo anche voi il paradosso?
Concludo con una frase che ho scovato sul libro "Insieme ma soli. Perchè ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri” di Sherry Turkle che mi ha dato l’ispirazione per questo pezzo e faceva più o meno così: il digitale è effimero e non esiste senza l'atto filtrante e faticoso del ricordo. Questo dovrebbe tranquillizzarci perché la tecnologia può fare tante cose con noi e per noi, ma al momento non sembra sia capace di sostituirci.
Grazie per avermi letta fin qui, se avete trovato interessante quanto ho scritto, senza nessuna anticipazione o spoiler vi consiglio di guardare il film “Don’t worry darling”.