Diane Arbus è stata una fotografa statunitense di origini russe.
Nel corso della sua vita si è dedicata ad una fotografia che potremmo definire “sociale” perché testimone di una categoria di persone in un determinato periodo storico, delle loro relazioni con gli altri e di quello degli altri, della società, con loro.
Diane Arbus, con la sua macchina fotografica, inquadra una categoria di persone che, nella New York degli anni ‘60/’70 superano la linea della normalità: i Freaks.
Molte persone vivono nel timore che possano subire qualche esperienza traumatica. I Freaks sono nati con il loro trauma. Hanno già superato il loro test, nella vita. Sono degli aristocratici.
Ciò che colpisce nelle sue foto è la consapevolezza della diversità che l’ha portata a non sminuire i suoi soggetti in alcun modo. Nella maggior parte dei suoi ritratti i soggetti si trovano nel proprio ambiente, apparentemente a proprio agio, ed è lo spettatore ad essere messo a disagio.
Il suo lavoro risulta estremamente coinvolgente dal punto di vista emotivo.
Non bisogna dimenticare infatti che i soggetti dei suoi ritratti sono persone emarginate dalla società, che vivevano in ombra per cercare di sfuggire ad abusi, derisioni, violenze, ecco perchè dietro ad ogni foto si nasconde necessariamente uno stretto legame tra la fotografa ed il Freak in questione.
Un legame costruito delicatamente, nel rispetto delle diversità, con empatia e curiosità delicata, che puntava non tanto a porre queste persone sotto i riflettori come “strani fenomeni da circo”, ma piuttosto mirava a comprenderne la quotidianità, le emozioni, l’essenza profonda della loro condizione.
Diane Arbus è un grande esempio di come la fotografia possa essere testimonianza in modo rispettoso, senza esporre i soggetti rendendoli vulnerabili, ma esponendoli in quanto persone con una storia, delle emozioni, un’anima, una propria dignità.
Illustrazione di Elena Volongo