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Per una liberazione queer collettiva

di Michela Belcore30/04/24
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Come la sinistra dovrebbe ricominciare ad occuparsi di femminismo da adesso

Nella bustina di tè di oggi, martedì 30 aprile, ricostruisco il modo in cui gli studi queer si intrecciano a quelli di genere. Il punto focale è l'obiettivo di un riconoscimento dei diritti e della giustizia per le persone queer: si tratta di raggiungere la parità dei diritti o di liberare realmente le loro potenzialità?

A seconda della risposta che ci diamo, possiamo riconoscere come queste battaglie siano connotate da un approccio sindacalista o partitico. Nel caso del femminismo sindacato la rivendicazione si riduce al traguardo prefissato dalla parificazione a un altro gruppo sociale. Nel caso del partito, la parità sarebbe solo una parte del percorso per il miglioramento della vita di relazione, sociale, sentimentale, psicologica, economica della donna e le sue potenzialità tendono a non avere alcun limite fissato, a prescindere quindi dagli altri gruppi sociali.

Paola Roudan, in "Donna. Storia e critica di un concetto polemico" sostiene che esso dovrebbe essere sempre e solo considerato un partito delle donne, capaci di fare i conti con il proprio sessismo interiorizzato, che però riesce a dialogare con gli uomini.

Per aiutarci a capire apro lo Zingarelli che alla voce femminismo scrive una definizione divisa nelle due accezioni: la prima “in senso storico” lo definisce come un “movimento tendente a portare la donna su un piano di parità con l'uomo, per quanto riguarda i diritti civili e politici e le condizioni socio economiche”; la seconda, più recente, lo definisce come un “movimento che pone l'accento sulla posizione antagonistica della donna rispetto all'uomo, in ogni contesto sociale - anche privato -, culturale e politico, in cui avviene una contestazione dei ruoli tradizionali e la riscoperta di alcuni valori tipicamente femminili”. Il senso storico ha ben poco di contestabile, sono i risvolti recenti che creano un po' di confusione e non solo tra le nuove generazioni, confusione che invade anche altri ambiti di vita.

Il patriarcato ha mentito agli uomini su quali sono le cose giuste e quali no: nel sesso e nei rapporti di genere e non tollera alcuna discussione dei principi del suo ordine gerarchico.

Infatti “l’altra metà della popolazione - non tutti gli uomini certo, ma una larga parte - non ha partecipato al processo di emancipazione e di liberazione della donna. Non c'è stato, parallelamente, un loro reale coinvolgimento: sono rimasti estranei. E non sono cambiati, né nel modo di considerare il ruolo della donna all'interno della famiglia e nella società italiana, né nel modo di parlare della donna.” (P. Colomba, "Il femminismo è superato, Falso!", Gian Franco Laterza, 2018, pag. 49). Però lasciare gli uomini al margine della lotta, la delegittima, rendendo meno aspro il conflitto, ampliando il terreno di confronto e riducendo quello dello scontro.

Nella costruzione identitaria, soprattutto i giovani riproducono i comportamenti dei propri modelli di riferimento che, come sappiamo, per quanto riguarda il genere maschile, sono numericamente maggiori e persistenti. Anche se “la società degli uomini, così come la conosciamo noi, sta vivendo una fase di torsione e rottura, una posizione dominante in un tipo nuovo di società in cui l'uomo, sta perdendo il suo potere, non sarà [comunque] ridotto a un ruolo dipendente analogo a quello subito dalla donna nella società maschile. [...] Le donne diventeranno i principali agenti della creazione di una nuova cultura.” Ed è in questo contesto che si liberano dalla costruzione imposta dal vecchio modello e finiscono per subire una pressione ancora più forte, che le trasforma in oggetti sessuali, suscettibili di essere comprati, venduti o scambiati.

Balibar sostiene che questo male possiede radici lontane e sistemiche, capaci di scomporre il lavoro e il demos, un nuovo popolo fatto di individui che non posseggono più il collante della classe. Insieme al collante della classe è importante anche la nozione di fiducia, anche se non direttamente tematizzata nel corso della storia delle teorie sociologiche, giuridiche e politiche moderne, è sempre stata utilizzata come “precondizione”, attraverso cui generare una forma di ordine sociale, fondazione dello stesso contratto sociale (Rousseau) e antidoto all'anomia (Durkheim) ma anche per la costruzione di un fronte condiviso nella lotta a favore dell’uguaglianza tra i generi.

La politica dovrebbe tornare ad occuparsi e supportare il femminismo, e le femministe dovrebbero rientrare in politica per scongiurare il rischio di scindere le loro istanze da quelle politiche e sociali. In particolare credo che questo sia un compito che spetti alla sinistra. Secondo la definizione di Boaventura De Sousa Santos “sinistra significa l'insieme di teorie e pratiche trasformatrici che, durante gli ultimi 150 anni, hanno posto resistenza all'espansione del capitalismo e al tipo di rapporti economici, sociali, politici e culturali che questo genera, e che sono sorte con la convinzione che possa esistere un futuro post-capitalista, una società alternativa più giusta, che orienta la soddisfazione delle necessità reali dei popoli, e più libera, in quanto incentrata sulla realizzazione delle condizioni dell'effettivo esercizio della libertà.” (B. V. de Sousa Santos, Sinistre di tutto il mondo unitevi!, Castelvecchi, 2019, pag. 20).

In tal senso, potrebbe essere utile istituzionalizzare la “disobbedienza civile” come propone anche Hannah Arendt; l'obiezione di coscienza si pone come un atto apolitico e la stessa disobbedienza civile è compatibile con un consenso che si può leggere come una forma di partecipazione attiva.

“Si parla spesso, a questo proposito, di diritto alla differenza, un'espressione che, per la sua incompletezza, rischia di essere pericolosa. In effetti, si tratta del diritto di combinare una differenza culturale con la partecipazione a un sistema economico sempre più globalizzato, il che esclude sia l'idea che la modernità domini su tutti gli attori sociali, sia che una sola cultura sia in grado di andare incontro alle esigenze della modernità. I diritti culturali sono più concreti e riguardano sempre una popolazione di solito minoritaria. Ma la loro rivendicazione espone anche a grandi pericoli che ci fanno correre qualsiasi forma di particolarismo: in breve, i diritti culturali minacciano il principio stesso del vivere insieme.” (A. Touraine, La globalizzazione e la fine del sociale, il Saggiatore, 2021, pag. 194).

Come mette in luce Goffman non sono, perciò, le conseguenze sociali delle differenze sessuali a dovere essere spiegate, ma il modo in cui queste sono state poste a garanzia dei nostri ordinamenti e soprattutto, il modo in cui l'operare delle istituzioni sociali assicura che queste spiegazioni appaiono ben salde e possano continuare a riprodurre se stesse e a mantenere lo status quo delle cose.

É legittimo domandarsi quale sia oggi la carta geografica della realtà femminista? Quanti femminismi esistono, ce n’è uno che si distingue per il suo essere più attivo degli altri? Quali sono le prospettive per il futuro? Il Global Gender Gap - il rapporto del World Economic Forum del 2017 valuta i fattori economici, politici, di salute e formazione - e, per quanto riguarda la situazione italiana, ci colloca solo all'82º posto su 144 Paesi.

Quel che appare certo è che il femminismo si modifica a seconda delle circostanze, continuando a evolversi per affrontare questioni e contesti nuovi: oggi, sfidare e cercare di cambiare le strutture di potere e le norme culturali che perpetuano le disuguaglianze di genere è una battaglia costante per cui è assolutamente necessario l’aiuto di tutte e tutti.

Questa capacità di pensare al femminismo come globalmente rilevante, capace di tenere insieme soggetti diversi, porta a rilevare che le condizioni che colpiscono le donne, hanno anche effetti sociali rilevanti e la capacità contro-egemonica può mobilitare soggetti diversi a partire da un auto critica complessiva della società stessa.

Per migliorare la fruizione del contributo ti lascio qualche definizione per inquadrare meglio il lessico che porta avanti le battaglie femministe e quelle per il riconoscimento dei diritti delle persone queer:

Come al solito, grazie per avermi letta fino a qui, un abbraccio e ci risentiamo presto.

Scritto da

Michela Belcore

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