Oggi piove. Almeno qui dove abito. Non pioveva da un po’. Sempre qui dove abito. La pioggia è necessaria, ci mancava, il climate change lo si percepisce, è sotto i nostri occhi. Sapete, io sono sempre in prima linea quando c’è da difendere l’ambiente, quando c’è da dire la mia su aspetti importanti della nostra società. Certo, tutto questo, solo ed esclusivamente se mi è concesso farlo dal divano di casa, da una posizione comoda. Anche la pioggia ad esempio, la ritengo assolutamente necessaria fino a quando esco di casa per andare a lavoro, ecco che allora protesto, reclamo e comincio a riflettere sulla bellezza del sole.
Come detto, non sono un attivista, non imbratto i monumenti e mi piace lamentarmi. Di tutto. Attenzione, intendo dire che proprio lo trovo assolutamente fondamentale per affrontare le mie giornate. Discendo da una tradizione, quella mediterranea (e nello specifico, quella di un mediterraneo meridionale) che, permeata di contaminazioni greche, affida primaria importanza al tema dello scholé, dell’otium latino, quella dimensione chiaramente sacra per il mondo antico, quel tempo fondamentale, tellurico, che permette il pensiero. Forse lo dico perché ci credo davvero o forse per nascondere le mie incongruenze, non credo che greci e latini sarebbero contenti, se mi vedessero spendere il mio ozio quotidiano dormendo.
Fatto sta che tornando a prima, come disse Peppe Voltarelli “il lamento è un godimento” per me e, anche quando non ho nulla di cui lamentarmi, mi lamento perché non ho nulla di cui lamentarmi. Sono fatto così e la cosa sconvolgente è che in questa pigrizia primordiale, in cui si cela anche la mia inconsistenza produttiva, ci sto bene. Non vedo motivi per cui dovrei cambiarla.
L’altra sera mi è capitato di vedere al cinema il nuovo film di Papaleo “Scordato” e non solo mi sono riconosciuto nel profilo caratteriale, nella sagoma narrativa del protagonista, ma per più di un attimo ho pensato fosse riferito a me. Ho dunque capito che questa dimensione esistenziale, pur essendo di pochi, esiste ed è condivisa. Il film è davvero interessante, ben scritto e davvero stratificato (permette più letture differenti) e conserva una lentezza, che è proprio quella di cui parla.
Tutto questo per dire che cosa, vi chiederete. Per dire semplicemente che, se all’inizio del film ritenevo che questa mia condizione non sempre andasse bene e che in certi contesti è necessario essere più smart, dinamici e produttivi, alla fine del film ho capito che c’è una sostanziale differenza tra l’immobilismo e la riflessione, tra l’incapacità di muoversi e la scelta di non correre. Io scelgo di non correre.