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Un Brunch con... Daniela Di Veroli e Leonardo Zanchi - prima parte

di Francesco Di Donna09/01/23
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Tempo di lettura 6 minuti

Anno nuovo, Brunch vecchio: a volte, è nel passato che troviamo i fari che meglio illuminano il presente.
Pochi giorni fa ho visitato il Memoriale della Shoah di Milano.
La mia programmazione avrebbe previsto il racconto di questa bella e toccante esperienza.
Ebbene, cara lettrice, caro lettore, ho cambiato idea.
Ci devi andare tu, lì. E vedere, sentire, toccare, "esperire".

Dopo una lunga riflessione, Alessandra ed io abbiamo deciso di aprire questo 2023 nello stesso modo con cui abbiamo cominciato il 2022.
Non che abbia portato bene, tutt'altro.
E non vogliamo certo che questo ricalchi il solco del giro di boa appena concluso.
Ci scrolliamo le scaramanzie di dosso - quello che poteva peggiorare è peggiorato, dentro e fuori i confini - e puntiamo tutto sul contenuto: quello che abbiamo approfondito con i nostri ospiti in un banchetto dedicato alla Memoria, passando dal solito, inesauribile, Primo Levi. Ne abbiamo proprio bisogno.
Prendetene e leggetene tutte e tutti.
- - - -

Benvenute e benvenuti al primo Brunch di questo 2022, che si preannuncia un anno non meno complicato dei precedenti. Varianti alfabetiche, teatrini para-politici, repressioni armate, morti a scuola-lavoro, crisi geopolitiche. Le premesse non sono incoraggianti, eppure ci siamo tolti di dosso un anno, il 2021, che ha deluso – se non tutte – buona parte delle aspettative post lockdown mondiale. Non solo, i 365 giorni appena salutati passeranno alla storia come il giro intorno al Sole più antisemita dell’ultimo decennio. Non una grande conquista.
Ed io un po’ mi vergogno, oggi. Lo posso dire?
Sì, lo posso dire.

Sono passati 77 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dalla liberazione di tutti i Lager nazisti, eppure ci troviamo ancora a fare i conti con ideologie da “anus mundi”.
Non solo complottismo antisemita; il becero negazionismo tenta di soffocare le poche testimonianze ancora vive rigettate dall’inferno: i salvati di un sistema creato in modo che non ci fossero salvati, ma solo sommersi.
Primo Levi lo chiarisce definitivamente: chi è tornato rappresenta solo l’eccezione.
Analista oggettivo dell’indicibile, ci racconta tutto ciò che può, nei suoi testi.
Ci racconta persino la sua vergogna.

“È giustificata o no la vergogna del poi?
Non sono riuscito a stabilirlo allora, e neppure oggi ci riesco, ma la vergogna c’era e c’è, concreta, pesante, perenne. […] Hai vergogna perché sei vivo al posto di un altro? Ed in specie, di un uomo più generoso, più sensibile, più savio, più utile, più degno di vivere di te? Non lo puoi escludere.
[…] È una supposizione, ma rode; si è annidata profonda, come un tarlo; non si vede dal di fuori, ma rode e stride.
[…] l’essere io sopravvissuto non poteva essere stata opera del caso, di un accumularsi di circostanze fortunate (come sostenevo e tuttora sostengo io), bensì della Provvidenza.
Ero un contrassegnato, un eletto: io, il non credente, ed ancor meno
credente dopo la stagione di Auschwitz, ero un toccato dalla Grazia, un salvato. E perché proprio io? Forse perché scrivessi, e scrivendo portassi testimonianza.

[…] e c’è un’altra vergogna più vasta, la vergogna del mondo. Eppure c’è chi davanti alla colpa altrui, o alla propria, volge le spalle, così da non vederla e non sentirsene toccato: così hanno fatto la maggior parte dei tedeschi nei dodici anni hitleriani, nell’illusione che il non vedere fosse un non sapere, e che il non sapere li alleviasse dalla loro quota di complicità o di connivenza. Ma a noi lo schermo dell’ignoranza voluta, […] è stato negato: non abbiamo potuto non vedere. Il mare di dolore, passato e presente, ci circondava, ed il suo livello è salito di anno in anno fino a quasi sommergerci. Era inutile chiudere gli occhi o volgergli le spalle, perché era tutto
intorno, in ogni direzione fino all’orizzonte.
[…] i giusti fra noi, non più nè meno numerosi che in qualsiasi altro gruppo umano, hanno provato rimorso, vergogna, dolore insomma, per la colpa che altri – e non loro – avevano commessa, ed in cui si sono sentiti coinvolti, perché sentivano che quanto era avvenuto intorno a loro, ed in loro presenza, e in loro, era irrevocabile. Non avrebbe potuto essere lavato mai più; avrebbe dimostrato che l’uomo, il genere umano, noi insomma, eravamo potenzialmente capaci di costruire una mole infinita di dolore; e che il dolore è la sola forza che si crei dal nulla, senza spese e senza fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare”.

Affrontiamo dunque il tema della Shoah con due instancabili lavoratori per la Memoria, che ogni giorno difendono e ricordano le testimonianze dei salvati e le storie dei sommersi.
Cominciamo con la Coordinatrice del Memoriale della Shoah di Milano, la Dottoressa Daniela Di Veroli, che ringrazio per aver accettato l’invito.
“L’area dove oggi sorge il Memoriale della Shoah di Milano originariamente era adibita alla movimentazione dei vagoni postali, e tra il 1943 e il 1945 fu il luogo in cui migliaia di ebrei e oppositori politici furono caricati su vagoni merci, trasportati al sovrastante piano dei binari. Una volta posizionati alla banchina di partenza venivano agganciati ai convogli diretti ad Auschwitz- Birkenau, Mauthausen e altri campi di sterminio e di concentramento, o ai campi italiani di raccolta come quelli di Fossoli e Bolzano”. 

– Qual è il valore effettivo della Memoria oggi? E qual è il valore potenziale?
Il concetto di Memoria è molto esteso. Oggi è prevalentemente incentrato su commemorazioni ed eventi che letteralmente inondano, in un periodo di tempo limitato (quello in corrispondenza del 27 Gennaio) il mondo della Comunicazione. Il rischio è che questo sia controproducente, facendo disperdere l’utente in un vortice di
comunicazioni ed eventi. La Memoria è come una pianta (in fondo, sono le nostre radici) che va curata, nutrita ed innaffiata quotidianamente. Se noi le riversassimo in un’unica volta tutta l’acqua di un mese, la faremmo morire. Ecco, la Memoria “potenziale” è una Memoria da divulgare quotidianamente affinché il significato non
vada disperso.

– “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare”: questo il monito di Primo Levi. I testimoni diretti dell’Olocausto stanno ormai scomparendo: quale eredità ci hanno lasciato? Che cosa fare per conservarla, tutelarla e promuoverla?
I sopravvissuti alla Shoah (non amo il termine “Olocausto” che sottintende un sacrificio espiatorio, mentre il termine “Shoah” significa “sterminio” ed è esattamente quello che è stato) erano, sono e saranno la nostra Memoria, la nostra Forza per evitare che simili atrocità possano ripetersi. La Spielberg Foundation e molte altre realtà hanno raccolto le loro testimonianze affinché questo prezioso patrimonio non andasse disperso e nessuno possa ampliare il triste fenomeno del negazionismo. Negare ciò che è stato apre la porta al ripetere le atrocità perpetrate e ognuno di noi ha il dovere morale di proteggere le preziose testimonianze dei sopravvissuti e combattere il negazionismo in tutte le sue sfaccettature.

– Considerando i lager ancora esistenti, il ritorno di atteggiamenti nazi-fascisti nel cuore dell’Europa, l’ondata di una destra eversiva negli organi di rappresentanza, che colpe o responsabilità ha la comunità internazionale?
La responsabilità della comunità internazionale è sintetizzabile nella parola che accoglie il visitatore al Memoriale: “Indifferenza”. Parola fortemente voluta dalla Senatrice Liliana Segre quando le fu chiesto di indicare un termine che potesse riassumere l’orrore del quale era stata testimone e lei disse che l’indifferenza incarnava i molteplici aspetti subiti, “l’indifferenza di coloro che chiudevano le imposte quando i loro concittadini venivano caricati sui camion”. Fu l’indifferenza la miccia che permise tutto questo.

– Il 2021 è stato l’anno più antisemita dell’ultimo decennio, anche l’Italia si è resa teatro di atti vergognosi (Livorno, Roma, Pisa, Sirmione, Milano quelli passati alla cronaca). A 100 anni dalla marcia su Roma – l’inizio della fine – come dobbiamo interpretare questi dati? Ci sono responsabilità politiche (o culturali) nella banalizzazione del male?
Assolutamente si, le responsabilità sono di tutti coloro che banalizzano la Shoah, la strumentalizzano e non riconoscono l’unicità di questa. Riconoscere la Shoah come unicità non significa negare le altre atrocità delle quali purtroppo siamo testimoni ai giorni nostri; significa capire ciò che è accaduto all’epoca, gli elementi che hanno
permesso che questo accadesse e le conseguenze dell’indifferenza. Mi si conceda un esempio banale per meglio far comprendere cosa significhi “unicità”: ogni essere umano è unico e, sebbene ci siano altri umani simili e somiglianti, non saranno mai uguali. Togliere le connotazioni identificative della Shoah significa banalizzarla e far sorgere preoccupanti episodi di antisemitismo e violenza.

– Quale futuro per la Memoria?
Interiorizzare la Memoria vuol dire saperla comprendere ed apprezzarla come valore unico, ma non isolato. Accanto al concetto di Memoria dobbiamo rafforzare quello di Storia. La Memoria va contestualizzata all’interno della Storia, troppo spesso affrontata in modo superficiale e approssimativo. E’ necessario solidificare la nostra conoscenza e consapevolezza durante il percorso scolastico ma anche stimolare un percorso di approfondimento individuale.

La Dottoressa Di Veroli coglie il bersaglio. La conoscenza fa la differenza. Ed è il mantra che Primo Levi ha cercato di scolpirci nel cuore. Conoscere è necessario, perché le coscienze possono ancora essere sedotte e oscurate.
“[…] Lo ripeto, non siamo noi – superstiti – i testimoni veri. Noi sopravvissuti siamo una minoranza anomala oltre che esigua: siamo quelli che, per loro prevaricazione o abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo. Chi lo ha fatto, non è tornato per raccontare, o è tornato muto: ma sono loro, i sommersi, i testimoni integrali, coloro la cui deposizione avrebbe avuto significato generale. Loro sono la regola, noi l’eccezione”.

Cari lettori, fatevi portatori di Memoria e Conoscenza.
Il futuro inizia qui.

P.S. : avrei preferito leggere nelle urne del Quirinale, in modo simbolico, il nome di Liliana Segre, Sami Modiano, Primo Levi. Oggi, forse, mi vergognerei un po’ meno.

A mercoledì, con la seconda parte del nostro Brunch

Illustrazione di Riccardo Ventura

Scritto da

Francesco Di Donna

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