L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Italo Calvino, Le città invisibili
Il Mediterraneo, quel mare tra le terre comprese tra i Balcani e l’Asia minore, tra lo stretto di Gibilterra fino al Nord Africa, rappresenta una realtà specifica ma disomogenea, al medesimo tempo ostacolo e legame, punto di partenza e snodo, dove popoli e Stati differenti si amalgamano grazie a un unico elemento.
Un mare, una massa indistinta di acqua che però percepiamo come frontiera, come fonte di minaccia. Sì, perché per una certa narrazione politica è questo il Mediterraneo: non più un’area strategica a livello economico e geopolitico, quanto piuttosto l’area di transito di quei migranti che ci stanno invadendo. Eppure solo il 4% della popolazione mondiale è migrante, il che implica che ben il 96% delle persone non si sposta dal Paese in cui è nato.
Sapete quanti sono i residenti con origini straniere in Italia al primo gennaio 2022? Stando ai dati ISTAT sono poco più di 5 milioni, ovvero l’8,8% della popolazione italiana. E sapete invece quanti sono gli italiani emigrati all’estero? Per la Fondazione Migrantes, i soli italiani iscritti all’AIRE sono oltre 5 milioni e mezzo (dati 2021), con un’incidenza sulla popolazione italiana del 9,5%. I dati non mentono, alcuni politici sì.
Mentre noi percepiamo il Mediterraneo come confine naturale dell’Europa, così come segnato nelle cartine politiche – come se davvero esistessero confini tracciati naturalmente nella realtà e non fossero frutto di labili convenzioni umane – esso invece è parte di specifiche mappe mentali dei migranti che ripercorrono la loro esistenza attraverso i propri spostamenti. Tutte queste mappe condizionano il nostro modo di percepire la realtà, semplificandola attraverso la creazione di dicotomie spesso pericolose. In questo modo riusciamo a percepire la vicinanza (seppur ostile) della Libia, oppure la lontananza della Rotta Balcanica dalle nostre vite. Attraverso le notizie quotidiane ci rendiamo contro di quanto queste mappe cambino: sorgono nuove frontiere (proprio come il Mediterraneo) mentre altre vengono ricostruite. Austria-Slovenia, Ungheria-Serbia, Bulgaria-Turchia, Grecia-Turchia. Tutti muri eretti in Europa. Queste nuove mappe si concretizzano proprio nei corpi dei migranti, fonti di conoscenza e dolore, spesso a causa delle nostre decisioni.
(Fonte: Archivio delle Memorie Migranti, materiali e spunti didattici)
Ma quali sono gli aspetti giuridici da tener conto quando si parla di migrazioni?
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancisce chiaramente che “ogni individuo [persona, e non solo i richiedenti asilo!] ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese” (art 13.2). Tuttavia, nessuno Stato ha l’obbligo di accoglierlo e ciascuno di essi decide chi accettare entro i propri confini e come farlo. La stessa Dichiarazione ammette anche che “ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni” (art 14.1). Questo Diritto è riconosciuto anche dalla Convenzione di Ginevra del 1951, che impartisce agli Stati altri due obblighi:
Il quadro si complica ulteriormente quando un richiedente asilo vuole entrare in Europa: in virtù della Convenzione di Dublino (2015), è obbligato a porre la richiesta di asilo nel Paese di primo approdo, che in molti casi è rappresentato proprio dall’Italia. Ciò è obbligatorio anche quando l’Italia non è la sua meta. Così, mentre per gli europei vige l’area Schengen, per gli extracomunitari[2] si erige la Fortezza-Europa.
Infine bisogna ricordare anche due ulteriori Convenzioni, considerate dei pilastri del Diritto Internazionale Marittimo: la Convezione di Amburgo e quella di Montego Bay. Esse regolano l’obbligo di soccorso in mare e il SAR (ovvero l’area di search and rescue), il cui principio fondamentale è il “porto sicuro”. Stando a queste regole, il porto sicuro più vicino alle coste libiche è l’Italia.
Pare ovvio quindi che soluzioni sbrigative ai fenomeni migratori in stile “chiusura dei porti” rappresentano vere e proprie violazioni di norme internazionali che l’Italia ha volontariamente ratificato e a cui si conforma (art. 10 Cost.)[3], oltre a incrementare la pericolosità delle condizioni in cui queste persone viaggiano.
Questa premessa è necessaria per avanzare delle considerazioni sul sesto paragrafo del programma elettorale presentato dalla coalizione di destra (Accordo quadro di programma per un Governo di centrodestra).
Questa sezione, intitolata “sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale”, presenta una serie di forti criticità per temi e proposte avanzate. In particolare, il nuovo governo propone:
Sembra che noi Italiani associamo l’attraversamento dei confini statali in modo irregolare con il terrorismo islamico a causa di una propaganda mediatica e politica sbagliata. In base a quanto visto, studiato e raccontato nei miei reportage, si può innanzitutto dire che il terrorismo islamico è un fenomeno internazionale che ha creato molte più vittime in Medio Oriente di quante ne abbia create in Europa – ma questo dipende dalla percezione e da come si raccontano i fenomeni. Molti dei terroristi islamici in Europa sono persone nate e cresciute in Europa e che sono la conseguenza di una serie di politiche di integrazione con le generazioni precedenti dimostratesi fallimentari – come nel caso di Francia, Belgio, Germania, Gran Bretagna. Il fenomeno opposto è rappresentato dai foreign fighters, ovvero persone europee che si radicalizzano e raggiungono l’ex Stato Islamico tra Iraq e Siria. Quindi è assolutamente falso pensare che il terrorismo islamico derivi solamente dal migrante che arriva con la barca. È anche vero però che nel momento in cui lo Stato non controlla le migrazioni e quindi mancano delle opportunità regolari e sicure per migrare (ma sicure non soltanto per chi si mette in viaggio, ma anche per lo Stato), ne consegue che aumentano le possibilità di infiltrazioni criminali nelle migrazioni irregolari (criminali di qualsiasi tipo, come ex-generali o membri dell’esercito di Assad, del regime del Ba’ath in Siria, che hanno compiuto torture e gravi crimini, per poi intraprendere la rotta Balcanica e giungere in Europa con falsi nomi). Non è dunque solamente il terrorista islamico ad arrivare con la barca in modo irregolare, ma potenzialmente molti criminali, proprio perché lo stato non riesce a controllarli. Riguardo al dato italiano, bisogna anche dire che chi doveva compiere una serie di attentati in Europa non aveva intenzione a far sì che crescesse la tensione in Italia perché rappresenta comunque un hub di transito non solamente per le migrazioni, ma anche per il traffico di armi. Quindi accendere l’attenzione sull’Italia non conveniva.
Simili misure fomentano la cosiddetta criminalizzazione della solidarietà, ovvero il rischio di subire procedimenti penali per gli operatori delle ONG che salvano le vite di chi attraversa il Mediterraneo.
Simbolico il fatto che, a pochi giorni dell’insediamento del nuovo governo, il neo-ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, abbia emanato una direttiva che sostiene “il ministero degli Affari esteri […], ha rilevato che le condotte delle due navi Ocean Viking [norvegese] e della Humanity One [tedesca] in navigazione nel Mediterraneo non sono in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all'immigrazione illegale".
(Fonte: Ministero dell’Interno, 26/10/2022)
Nemmeno la presenza di 104 minori non accompagnati, i quali hanno priorità di accesso ai porti proprio in virtù dell’età anagrafica, ha smosso Piantedosi, tanto che è dovuto intervenire direttamente il governo tedesco per chiedere di prestare loro soccorso.
Sono anni che l’Italia combatte contro i migranti senza alcun risultato, perché la verità è che le persone continuano ad arrivare. Quante altre torture, sevizie, morti devono esserci prima che gli italiani capiscano che questi metodi non sono né il fine, né il mezzo?
Consigli per approfondire queste tematiche:
[1] A livello tecnico si parla di richiedente asilo da quando la persona compila il cosiddetto modulo C3 (ovvero la richiesta di asilo politico). In caso di esito positivo, il richiedente asilo diventerà rifugiato.
[2] Termine tecnico che indica chi non è europeo. Nella lingua comune viene invece utilizzato per indicare lo straniero per eccellenza, ovvero la persona povera di origini immigrate in cui non ci riconosciamo perché non fa parte della nostra comunità immaginata (Anderson, 1983). Provate infatti a pensare se Ibrahimović o Mourinho sono considerati immigrati: difficilmente persone benestanti come loro vengono definite tali.
[3] Art. 10 Costituzione italiana: L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.
[4] La stessa domanda che mi pongo in riferimento a spaccio, mafia e carceri, tutte tematiche inserite in questo paragrafo.
[5] Notare che la Legge di Bilancio (che prevede anche una stima dei soldi da destinare all’accoglienza dei migranti) viene necessariamente approvata dal Parlamento e quindi anche da quei politici che sostengono l’esagerazione di tali spese!
Foto in copertina di Zhao Chen, Unsplash