L’equivalenza tra criminalità e anormalità mentale costituisce oggi un frequente luogo comune, per cui la prima sarebbe molto spesso in rapporto con qualcosa di “malato” esistente nella personalità dei rei. Non tutti i delinquenti devono essere considerati come disturbati mentalmente; ciò non toglie che in alcuni autori di reato vi siano correlazioni importanti tra condotta deviante e disturbi mentali. La componente patologica agisce come fattore di vulnerabilità sociale, per cui di fronte a stimoli criminogenetici ambientali, economici o familiari la reazione del singolo può sfociare nell’atto deviante.
Nei codici penali moderni è stata di conseguenza affrontata la questione della imputabilità o meno del soggetto affetto da patologia mentale. Le modalità utilizzate seguono tre vie di presa di decisione.
L'articolo 85 del nostro codice penale specifica che è imputabile solamente il soggetto con capacità di intendere e di volere. L’imputabilità è una condizione psichica, ottenuta in Italia al compimento dei 14 anni, nella quale l’individuo deve trovarsi per essere sottoposto a sanzione. Il requisito principale dell’imputabilità è la presenza della capacità di intendere e di volere, due facoltà che devono sussistere contemporeanamente entrambe.
Intendere significa avere la capacità di apprezzamento e di previsione della portata delle proprie azioni sul piano morale e giuridico. Per volere invece si intende l’esercizio autonomo delle proprie scelte secondo motivazioni coscienti. É importante sottolineare che la responsabilità penale in caso di infermità mentale segue il principio di individualizzazione. Non è sufficiente una data diagnosi ma è necessaria una valutazione caso per caso per dichiarare se la malattia sia intervenuta nella genesi del fatto delittuoso e in che grado.
Solo le cause patologiche giustificano la non punibilità e soltanto qualora queste abbiano compromesso la capacità di intendere e di volere al momento stesso del reato.
Il codice penale richiede, dopo aver accertato la presenza di infermità mentale, ovvero quei disturbi attribuibili a malattia, una valutazione quantitativa. Quanto la condizione patologica limita la capacità di intendere e di volere?
La valutazione sull’imputabilità è eseguita caso per caso, con il presupposto che sia difficile e non si possa essere certi che una persona abbia commesso un fatto perché voluto o perché la malattia lo ha costretto a compierlo. Tuttavia ciò permette che non vi sia attribuito erroneamente alcun automatismo fra vizio di mente e incapacità.
Tre sono gli stereotipi che il metodo psicopatologico-normativo permette di superare: