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Imputabilità e malattia mentale

di Giancarlo Stefanino20/03/23
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Tempo di lettura 3 minuti

 

L’equivalenza tra criminalità e anormalità mentale costituisce oggi un frequente luogo comune, per cui la prima sarebbe molto spesso in rapporto con qualcosa di “malato” esistente nella personalità dei rei. Non tutti i delinquenti devono essere considerati come disturbati mentalmente; ciò non toglie che in alcuni autori di reato vi siano correlazioni importanti tra condotta deviante e disturbi mentali. La componente patologica agisce come fattore di vulnerabilità sociale, per cui di fronte a stimoli criminogenetici ambientali, economici o familiari la reazione del singolo può sfociare nell’atto deviante. 

Nei codici penali moderni è stata di conseguenza affrontata la questione della imputabilità o meno del soggetto affetto da patologia mentale. Le modalità utilizzate seguono tre vie di presa di decisione. 

  1. Il metodo puramente psicopatologico: considera non punibile qualsiasi reato commesso da persone affette da specifiche malattie mentali. La diagnosi psichiatrica è sufficiente per escludere la responsabilità penale. Seguono questo approccio l’ordinamento spagnolo, finlandese e greco.  
  2. Il metodo esclusivamente normativo: viene dichiarata imputabilità se al momento del fatto il soggetto sia stato giudicato incapace di intendere e di volere, a prescindere da una valutazione psichiatrica.  
  3. Il metodo psicopatologico-normativo: è richiesta una duplice valutazione. Prima di tutto l’accertamento di un’infermità mentale e in secondo luogo quanto questo deficit abbia inciso sulla capacità di intendere e di volere al momento stesso del reato. Il nostro ordinamento segue questo indirizzo.  

 

 

Capacità di intendere e di volere 

L'articolo 85 del nostro codice penale specifica che è imputabile solamente il soggetto con capacità di intendere e di volere. L’imputabilità è una condizione psichica, ottenuta in Italia al compimento dei 14 anni, nella quale l’individuo deve trovarsi per essere sottoposto a sanzione. Il requisito principale dell’imputabilità è la presenza della capacità di intendere e di volere, due facoltà che devono sussistere contemporeanamente entrambe.  

Intendere significa avere la capacità di apprezzamento e di previsione della portata delle proprie azioni sul piano morale e giuridico. Per volere invece si intende l’esercizio autonomo delle proprie scelte secondo motivazioni coscienti. É importante sottolineare che la responsabilità penale in caso di infermità mentale segue il principio di individualizzazione. Non è sufficiente una data diagnosi ma è necessaria una valutazione caso per caso per dichiarare se la malattia sia intervenuta nella genesi del fatto delittuoso e in che grado.  

 

 

Vizio totale e vizio parziale di mente 

Solo le cause patologiche giustificano la non punibilità e soltanto qualora queste abbiano compromesso la capacità di intendere e di volere al momento stesso del reato.  

Il codice penale richiede, dopo aver accertato la presenza di infermità mentale, ovvero quei disturbi attribuibili a malattia, una valutazione quantitativa. Quanto la condizione patologica limita la capacità di intendere e di volere? 

  • Se la capacità è completamente compromessa si realizza il vizio totale di mente, e il reo non è punibile. (art. 88 c.p.) 
  • Se la capacità è grandemente scemata ma non esclusa del tutto si realizza il vizio parziale di mente, e il reo è imputabile ma con pena ridotta (art. 89 c.p.) 
  • Se la capacità non subisce interferenze dal disturbo, l’imputabilità rimane piena.  

 

 

Questioni di giudizio 

La valutazione sull’imputabilità è eseguita caso per caso, con il presupposto che sia difficile e non si possa essere certi che una persona abbia commesso un fatto perché voluto o perché la malattia lo ha costretto a compierlo. Tuttavia ciò permette che non vi sia attribuito erroneamente alcun automatismo fra vizio di mente e incapacità.  

Tre sono gli stereotipi che il metodo psicopatologico-normativo permette di superare: 

  • La malattia mentale non equivale a pericolosità.
  • La malattia non investe sempre e per forza tutta la personalità. 
  • Non sussiste nessun legame tra tipi di disturbi e certi reati.  

Scritto da

Giancarlo Stefanino

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