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Il caso Saviano: tra processo politico e rischio democratura

di Alessandra Dondi05/12/22
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Tempo di lettura 4 minuti

Pochi giorni fa è iniziato il processo che vede imputato Roberto Saviano per diffamazione nei confronti del(la) Premier Meloni. Nel 2020, commentando la morte di un bambino migrante avvenuta durante il viaggio nel Mediterraneo, Saviano richiamò Meloni e Salvini, che avevano definito le ONG dei “taxi del mare”, alla responsabilità politica di quella tragedia: “bastardi, come avete potuto?”.

A tal proposito, l’ISPI ha pubblicato diverse ricerche che mostrano l’assenza di correlazione tra operato delle ONG e gli sbarchi sulle coste italiane.

Nella recente diretta Instagram organizzata da Saviano insieme all’Avvocata Cathy La Torre (Avvocathy), i due intellettuali hanno analizzato la modalità di comunicazione della destra e l’attacco parziale e velato che questa muove alla libertà di espressione.

Questa è infatti considerata uno dei pilastri formali per definire la democraticità di uno Stato insieme a: suffragio universale maschile e femminile, elezioni universali, competitive, ricorrenti, libere e corrette, presenza di molteplici partiti e diverse e alternative fonti di informazione.

Eduardo Galeano ha coniato il termine democratura che indica molto bene la direzione che rischia di prendere l’Italia con il Governo Meloni: a livello formale è una democrazia, ma la tendenza strizza l’occhio alla limitazione di alcuni diritti acquisiti.

Un esempio è il decreto anti-rave, così controverso da avere come finalità quella di disincentivare l’organizzazione dei rave party, senza che però questi vengano mai menzionati nel decreto. Non di minore importanza è il fatto di volere introdurre una norma penale proprio attraverso decreto legge, invece di passare dalla regolare procedura legislativa.

Da quanto emerge dal dialogo tra Saviano e La Torre, la destra al potere starebbe attaccando solo personalità di spicco non in linea con il loro pensiero, senza invece dar peso alle voci meno importanti che pure stanno criticando le prime mosse di questo governo. La scelta di bersagli precisi – che siano ONG o singoli individui, proprio come lo scrittore napoletano, che rappresenta una molteplicità di voci spesso ignorate, dalle vittime di mafia ai migranti – servirebbe a isolarli e infondere paura a chi non la pensa come loro, continuando a fare propaganda utile alla destra. Insomma, la libertà di espressione sembra valere solo quando direzionata in un certo modo e non viceversa, tanto è vero che Alessandro Sallusti, direttore di Libero, ha pensato di intitolare un articolo in prima pagina del proprio quotidiano “Saviano bastardo”, mentre l’alto quotidiano “Il Giornale” ha scritto un articolo dal titolo “Cara Murgia, e se un uomo avesse chiamato lei "bastarda"?" in risposta al supporto che la scrittrice ha manifestato a Saviano.  Eppure in questo specifico caso non si tratta di una questione di genere… Non è però una novità il fatto che la comunicazione della destra tenda a spostare il focus della questione su altri temi, senza portare il parere di esperti sulle tematiche discusse e senza avere alcuna tesi ragguardevole (tantomeno dati) a supporto delle proprie posizioni.

Come non parlare allora del continuo blastaggio operato sui social da Matteo Salvini, che puntualmente retwitta post di chi dissente da ciò che dice, fomentando l’odio che anche lui e colleghi hanno contribuito a creare. Capri espiatori per coprire l’incapacità politica, economica e amministrativa di gestire un problema, qualunque esso sia. Vive ancora nella memoria collettiva il caso della citofonata a un privato di Matteo Salvini in cui chiedeva “Scusi, Lei spaccia?”, difesa poi con un timido “in campagna elettorale tutto è legittimo”. Il Capitano ha deciso di costituirsi parte civile di questo processo, seppure non abbia querelato lo scrittore, perché lui si sentirebbe parte offesa (a due anni dall’accaduto)…

Inizialmente la difesa del(la) Premier aveva valutato la possibilità di ritirare la querela: sarà forse stato dovuto ai riflettori della stampa internazionale sulla vicenda? Evidentemente no, visto che recentemente la donna ha ammesso di voler continuare con il processo perché “tutti i cittadini sono uguali davanti alla Legge” e la querela era stata avanzata quando lei era solo leader di Fratelli d’Italia. La pericolosità del processo a Saviano sta proprio qui, nella sovversione del ruolo istituzionale: da quando Meloni è diventata Presidente del Consiglio, non è più solo una libera cittadina (come al tempo della querela) ma rappresenta lo Stato. Di conseguenza, attualmente è come se lo Stato stesse querelando Saviano. Inoltre, proprio per il ruolo che attualmente ricopre non può più barricarsi così facilmente dietro al principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione*.

Si tratta ormai di un processo che si sta tenendo in un clima iper-politicizzato che vede contrapporsi persone con poteri inevitabilmente sbilanciati a favore delle istituzioni. In Italia è la prima volta che si assiste a un processo simile e ciò può comportare la creazione di un pericolosissimo precedente giudiziario.

Roberto Saviano vive da 17 anni sotto scorta per aver scelto di raccontarci la Verità, la realtà dei fatti, quella scomoda a molti politici e malavitosi. Dire “bastardi” è un insulto, ma lasciare morire delle persone in mare non è semplicemente da mascalzoni, è disumano. Chissà se adesso il (la) Presidente rinnegherà quanto ammesso pubblicamente a Ballarò nel 2015, quando disse che per bloccare i migranti li avrebbe lasciati affogare tutti. Qualunque cosa dica e qualunque scusa adduca, la verità è che ha scelto di percorrere questa linea. Si nota un “pregio”: quello di essere stata quasi sempre coerente.  

 

* Nel caso in cui un deputato della Repubblica Italiana commetta un delitto per cui è obbligatoriamente previsto l’arresto in flagranza (e quindi non è collegato al caso in questione), l’articolo 68 della Costituzione disciplina come bisogna intervenire. È quindi indubbio che il procedimento penale a carico di un deputato differisca da quello di un libero cittadino. Di conseguenza, esiste uno sbilanciamento procedurale in materia penale tra rappresentanti delle istituzioni e cittadini, a dimostrazione che non siamo proprio tutti uguali davanti alla legge.

NB: la fonte del testo è la diretta Instagram di Saviano-La Torre. È stato riportato parte del loro dialogo come spunto per le riflessioni proposte nell'articolo.

Per visualizzare lo spezzone della puntata di Ballarò sopra menzionata, consiglio di cercarlo sulla pagina Instagram di Michela Murgia poiché (non mi sorprende) non sono riuscita a trovarlo altrove.

 

Foto in copertina di Volodymyr Hryshchenko, Unsplash

 

Scritto da

Alessandra Dondi

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