La bustina del tè di oggi, mercoledì 28 dicembre, recupera la riflessione che mette in relazione le forme di dominio imposte su mente e corpo, ricercando possibili spazi di rivendicazione ed emancipazione insiti nell'approccio bio-psico-sociale integrato dalla visione olistica.
Nella società moderna mente e corpo si trattano in maniera scissa, ed è nell’immaginario collettivo che vengono alternativamente stigmatizzate o predilette, a seconda del contesto.
Arendt parla di crisi della politica riprendendo in Vita activa. La condizione umana quello che aveva già compreso ne L’origine del totalitarismo, volume in cui compie lo sforzo di rintracciare le cause delle dittature a partire dalla Rivoluzione Industriale, arrivando a sostenere che il conformismo sociale sia la principale minaccia della libertà politica degli individui, che sostituiscono la vita contemplativa con quella activa prima e dell'operare - volto alla semplice sopravvivenza - poi; quest'ultima è identificata da Marx come Vita lavorativa, l'unica capace di umanizzare l’uomo. Differente è la visione di Arendt, mutuata dal pensiero greco - classico, che ritiene sia l'agire politico, inteso come nobiltà dell'azione e del discorso, ad umanizzare l'essere umano.
Nella società della conoscenza o informazionale, tendendo a elevare il lavoro intellettuale, sono principalmente i corpi a farne le spese, essendo caduchi e vulnerabili nel rischio di essere sottoposti a categorizzazioni eccessivamente semplificate.
Mente e corpo vengono curate, estromesse ed educate a riprodursi dalla società attraverso differenti istituzioni come l'ospedale psichiatrico, il carcere e la scuola.
Stefano Bartolini sostiene, sia proprio la scuola a insegnare ai bambini, i principi cardine del "silenzio e dell’obbedienza" (diversamente da ciò che accade nelle alternative educative come le scuole di Montessori, Staineriane, libertarie e nell’homeschooling). Questo "gioco contro natura", che insegna ai bambini il sacrificio improvviso che gli verrà imposto quando saranno adulti, pone in essere due risposte: accettazione o opposizione. Rispettivamente possono dar luogo a soggettività normalizzate, legate alla cultura dominante della maggioranza, o a soggettività potenzialmente devianti, troppo spesso appartenenti a minoranze già marginalizzate che subiranno, a seconda del grado di accettazione sociale, destini diversi.
Inoltre, come sostengono James G. March e Thierry Weil ne L' arte della leadership (rif.: 2° cap. Genio ed eresia: "Santa Giovanna") possiamo riconoscere che la devianza, nel contesto educativo, è rappresentato dalla curiosità, elemento che sopravvive solo per un fatto puramente accidentale, di cui ci si potrebbe e dovrebbe prendere cura.
Nella letteratura scientifica la connessione che si instaura tra queste due nature umane era nota anche al tempo della medicina popolare. La definizione che l’O.M.S. fornisce del concetto di Salute - non solo come assenza di malattia - ma stato di benessere fisico, sociale e mentale. Attualmente è proprio la salute mentale a giocare un ruolo importante, in quanto, fino a metà '900, era quasi pertinenza esclusiva degli ambiti legati alla psicologia e alla psicoanalisi, le prima a spiegare con la somatizzazione - grazie a insorgenza e incidenza - le diverse patologie organiche.
Allo stesso modo anche nella letteratura, intesa in senso classico, gli esempi in cui è rilevante questa connessione sono frequenti. Due di queste letture, solo apparentemente, molto diverse tra loro: L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera (1984) e Everybody di Olivia Laing (2022 - qui il link al post di instagram con il mio parere su questo libro).
Sostengo che entrambe siano accomunate dall’obiettivo culturale di ri-politicizzare, sebbene con strumenti e linguaggi diversi, la ricostituzione del binomio mente - corpo, restituendo a entrambe libertà e dignità nell'interrelazione continua in Laing e nella separazione che aspira a divenire reciproco ed esistenziale riconoscimento in Kundera.
Laing ci offre un primo spunto di riflessione quando ci racconta che «Alcune battaglie avevano fatto parte della [sua] infanzia, ma non [l'] aveva mai sfiorata il pensiero che il loro progresso, lento e doloroso, potesse essere sovvertito, così rapidamente. Tutte erano accomunate dal desiderio di trasformare il corpo, da oggetto di vergogna e stigma, in una fonte di forza e solidarietà, capace di esigere e attuare un cambiamento». Tra queste pagine ricorre il corpo riconosciuto come uno spazio identitario e per questo politico, forse dando seguito a ciò che scrivono, in Inghilterra Christina Lamb (marzo, 2021) e in Italia Carolina Capria (novembre 2021) sostiene che «...il corpo era tornato un campo di battaglia» [...] che diviene «magazzino di angoscia emotiva» capace di raccogliere e stratificare pulsioni represse nelle interazioni e nelle relazioni sociali.
L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera invece è un classico letterario, dall'impostazione filosofica, per certi versi metafisica e a tratti molto psicanalitica che nella seconda e nella quarta parte intitolate "L’anima e il corpo" (rif. per chi volesse leggerle: pp. 45-84; 135-176), decostruisce sul personaggio di Tereza l'interconnessione, mostrando le intestine e molteplici lotte per il riconoscimento di queste due dimensioni umane, talvolta anche a scapito della chiarezza dei confini in cui pensiamo di averli assicurati.
Ibridando i due approcci proposti in una sorta di continuum, potremmo renderci conto di quanto oggi si scontrino - anche in maniera violenta - due tensioni. La prima è quella rivoluzionaria ed emancipatoria che sfida quella omologante e conformista: questo genera negli individui pressioni e insoddisfazione che rischiano di produrre malesseri psichici che, a prescindere dalla loro elaborazione, possono venire a galla nel soma.
L’attenzione a quella che potremmo definire “biodiversità corporea” probabilmente nasce con i movimenti sociali femministi e di liberazione nera - due delle più visibili forme di dominio sociale ingiusto a scapito di forme di alterità - e si accentua con tutto ciò che oggi è connesso per esempio alla Body Positivity, al riconoscimento del problema dell’abilismo e alle potenzialità del transfemminismo.
Anche la sociologia supporta l'abbattimento degli stereotipi che guidano la decodifica di ciò che è conforme o meno, anche in fatto di corpi. Essa potrebbe farci rendere conto di quanto ogni corpo abbia il diritto di essere valorizzato e al tempo stesso normalizzato nel complesso delle possibili intersezionalità che la società già (purtroppo) assoggetta, rendendo alcuni individui più fragili di altri e negando loro il giusto riconoscimento.
I corpi sono manifesti, possibili territori politici di rivendicazione per tutte quelle soggettività che tentano, in piazza come sui social, di portare istanze attraverso le proprie voci, le stesse, che per troppo tempo sono state espropriate e/o strumentalizzate mediaticamente e politicamente, dall'opinione e dal dibattito pubblico. Le stesse che fanno ancora fatica ad avere la garanzia di poter prendere liberamente le decisioni che riguardano quei loro corpi.
E’ opportuno ripensare questo sforzo congiunto, fin qui già proficuo, - della società e del mondo accademico -, ampliando nell'ottica intersezionale nelle pratiche collettive, nelle ottemperanze normative, nelle prassi scientifiche e nelle rappresentazioni mediatiche e letterarie, al fine di ricostruire un immaginario collettivo e comunemente condiviso, in costante fermento, che rimetta in dialogo queste due dimensioni umane, includendo quante più soggettività possibili, portatrici di infiniti punti di vista.